Greggio, l’avvocato dei vessati si è ucciso «Una vita dalla parte della giustizia»
Monselice, delusione privata dietro il tragico gesto. Il ricordo di Flavia Schiavon e dei colleghi
Da mesi non era più lo stesso, oppresso, sembra, dal dolore provocato dalla fine del suo matrimonio. Finché ieri mattina non ha deciso di mettere fine al male che lo tormentava, togliendosi la vita con un colpo di pistola. Se ne è andato così Fabio Greggio, avvocato di 62 anni, nella sua casa di Monselice. A trovarlo, ieri mattina, sono stati i suoi collaboratori, preoccupati dal non vederlo al lavoro, nell’appartamento al piano di sopra lo studio, dove aveva anche lasciato anche un bigliettino in cui chiedeva scusa ai suoi cari per la decisione presa.
Una vita, quella di Greggio, costellata dall’attivismo, politico e ambientalista, e dall’impegno a fianco degli imprenditori vessati dai debiti da quando, nel 2011, proprio con un suicidio drammaticamente simile al suo se ne era andato uno dei suoi migliori amici, Giovanni Schiavon, titolare di un’impresa di costruzione tra Padova e Vigonza, schiacciato dai debiti con le banche e dal senso di colpa per non poter più pagare i suoi dipendenti. Un senso di colpa ingiustificato, sembra, stando almeno a quanto scoperto da Greggio che non ha abbandonato per un momento la famiglia del suo amico e che con l’aiuto di un consulente ha lottato in sua vece fino a citare in giudizio proprio le due banche, convinto che in realtà erano i due istituti di credito a dovere dei soldi all’imprenditore.
La vicenda di Schiavon lo aveva toccato al punto che, nel corso degli anni, aveva seguito diversi imprenditori veneti oberati dai debiti. Non era, però, l’unica causa che, nel corso della sua carriera, lo aveva appassionato.
Attivo sul fronte politico di sinistra fin dagli anni Settanta, aveva gravitato attorno al mondo socialista. «Ci conoscevamo da quarant’anni, era sempre molto attento alle problematiche di carattere sociale – lo ricorda Francesco Miazzi, voce dei comitati ambientalisti della Bassa Padovana -. Era una delle figure più attive nella battaglia contro l’inquinamento prodotto dai cementifici, al punto da essere tra i fondatori del comitato “E noi” e di essere uno dei principali attori del “Lasciateci respirare”, contro la Italcementi. Era competente, sempre pronto a lottare per la salvezza del Parco dei Colli».
E proprio tra i prati e gli alberi dei Colli Euganei vuole ricordarlo una collega, l’avvocato Aurora D’Agostino. «Vorrei ricordarlo sotto il sole – dice, commossa -, durante una delle tante passeggiate sui Colli, l’ultima dove ci eravamo incrociati. D’altra parte lui portava il sole sia dal punto di vista fisico che umano. Era una persona estremamente sensibile, disponibile, in una parola bella».
Qualcosa, però, negli ultimi mesi, era cambiato in lui. La separazione dalla sua seconda moglie l’aveva provato, al punto da spingerlo all’isolamento.
«Era sempre presente nelle nostre riunioni – continua Miazzi -, ma negli ultimi mesi si era defilato per quei motivi personali che l’avevano provato dal punto di vista psicologico». E questo nonostante i suoi tre figli, la maggiore, avuta dal primo matrimonio, e gli ultimi due, dalla seconda moglie, appena adolescenti, continuassero a stargli vicino.
E oltre a loro, anche la «figlia acquisita» Flavia Schiavon, figlia di Giovanni. Difficile per lei parlare. «Era il mio secondo papà – spiega, la voce rotta dall’emozione -. Era cresciuto insieme a mio padre ed è stato sempre presente nella mia vita, fin da quando sono nata. Praticamente è il secondo genitore che perdo in questo modo. È devastante».
E se nella cittadina della Bassa la notizia si è diffusa subito, in tribunale a Padova è arrivata dopo alcune ore, lasciando sgomenti i colleghi. «Non è possibile – sussurrano con gli occhi lucidi -. Non era più lo stesso ultimamente, anche se in fondo era rimasto sensibile, sentimentale. Una persona davvero per bene».