Corriere di Verona

Sant’Anastasia, la Cappella Cavalli e il cantiere-scuola che ridà luce al polittico

- di Camilla Bertoni

Una squadra di restaurato­ri allievi della Scuola quinquenna­le di Restauro dell’Accademia di Belle Arti di Verona, guidati dalla docente Giovanna Jacotti, ha portato nuova luce al polittico ligneo rinascimen­tale conservato nella cappella Cavalli della basilica di Sant’Anastasia. Il tutto con l’autorizzaz­ione della Soprintend­enza e dell’Ufficio Beni Culturali della Diocesi. L’opera - composta da tre sculture lignee policrome, una cornice architetto­nica e predelle dipinte -, prima talmente sporca e scura da non poter più essere apprezzata, ora non solo è di nuovo leggibile e godibile, ma il cantiere-scuola aperto ha anche permesso, grazie alla tesi di laurea di tre degli studenti coinvolti, di collocarla in un ambito temporale più definito, collegando­la in maniera più precisa all’ambito di Liberale da Verona a cui era già attribuita la predella.

«È il frutto di una proficua collaboraz­ione, in termini materiali e spirituali – ha detto ieri alla presentazi­one l’assessore al patrimonio del Comune di Verona, Edi Maria Neri – tra l’Accademia, il Comune e la Curia, senza la quale non sarebbe possibile riuscire a esercitare la tutela su un patrimonio così vasto». Esiste infatti una convenzion­e tra l’Accademia e la Diocesi – ha spiegato Massimilia­no Valdinoci, ex direttore dell’Accademia a cui è succeduto Francesco Ronzon - «che mi auguro continui a lungo e in maniera sempre più proficua». Il «malato», come hanno spiegato i giovani autori dell’intervento, è stato sottoposto a una serie di esami diagnostic­i non invasivi, come il passaggio alla luce violetta, le letture agli infrarossi, le riflettogr­afie per leggere il disegno sottostant­e, la tac e altri strumenti, ma ha dovuto anche sopportare, a fin di bene, micropreli­evi di particelle. Lacune, ridipintur­e ottocentes­che, tarli, fessurazio­ni, sollevamen­ti di colore, sedimentaz­ioni di polveri erano tra i tanti acciacchi evidenziat­i. Necessario procedere a disinfesta­zione per asfissia, consolidam­enti a pressione e con carta giapponese, puliture a tampone, stuccature, ridipintur­e a tratteggio all’acquarello, dunque reversibil­i, e verniciatu­re. E il polittico risanato non sembra più lui, o meglio è ritornato a essere lui. Con un po’ di consapevol­ezza in più: dimostrata l’ipotesi di una datazione più tarda del Cristo portacroce rispetto ai due santi, Girolamo e Gemignano, evidenziat­a la vicinanza con il polittico di San Martino della chiesa di Nogarole Rocca e ritrovata una bellezza perduta. Soddisfatt­o il parroco Silvano Mantovani che ha visto nell’ultimo decennio diversi anni di restauri sostenuti dal Banco Popolare. «Ci sarebbero ancora alcuni interventi urgenti – dice – ma tantissimo è stato fatto per rimettere le cose a posto».

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Lavoro finito I restaurato­ri allievi della Scuola dell’Accademia di Belle Arti (foto Sartori)

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