Legge elettorale, ipotesi assessori esterni VENEZIA
Ferro Fini e la riforma del voto: ok a pluri-candidature, doppio incarico e super premio
Con la seduta di ieri la maggioranza in consiglio regionale porta a casa il 90% del pacchetto sulla nuova legge elettorale, dalla (scontata) introduzione della doppia preferenza di genere alla caduta dell’incompatibilità fra consigliere regionale e consigliere comunale passando per le «pluricandidature» possibili anche in tutti e sette i collegi veneti. Ci si è fermati, però, a un passo dal traguardo della votazione finale.
Motivo? L’ultimo, impegnativo, nodo da sciogliere: la scelta di avere esclusivamente assessori esterni nella giunta regionale. O, meglio, si punta all’incompatibilità fra il ruolo di assessore e quello di consigliere. Con un meccanismo «paracadute» secondo cui un consigliere regionale, chiamato a fare l’assessore, lascia il posto a un consigliere «supplente» (il primo dei non eletti nella propria lista) e, in caso di decadimento dall’incarico di assessore, avrà il diritto di tornare a fare il consigliere al posto del supplente. Un cambiamento negli assetti governativi regionali non da poco. Il precedente è nella norma analoga adottata dal Molise, non impugnata e, quindi, di fatto avallata da Roma. L’emendamento porta la doppia firma di Marino Finozzi (presidente leghista della prima commissione) e di Stefano Fracasso (capogruppo PD). E’ pur vero, però, che il testo non è ancora definitivo, non a caso la prossima seduta è stata rinviata a martedì prossimo. Dal Pd, ad esempio, arriva la richiesta di dichiarare una nuova forma di incompatibilità, quella fra assessore esterno e consigliere comunale. E il riferimento, anche se la norma varrebbe dal 2020 in poi, è a Federico Caner, assessore (l’unico esterno della giunta Zaia) ora candidato alle comunali di Treviso. Gli angoli sono ancora da smussare ma l’emendamento sembra ben avviato nonostante alcuni pezzi di opposizione segnalino che così il bilancio del consiglio sarebbe gravato da una decina di consiglieri in più da pagare. Altro aspetto da non dimenticare è la complessità giuridica di una modifica come questa che comporta una variazione allo statuto. Per farla breve si dovrebbe passare per una doppia lettura del testo modificato dello statuto, una sorta di «clausola di raffreddamento», con almeno 60 giorni fra una lettura e l’altra. La maggioranza, però, ha deciso di giocarsela sul filo di lana visto che la macchina per il cambio di statuto è già stata messa in moto e 60 giorni sono giusto il tempo che un governo (ammesso che si formi) avrebbe per impugnarlo. Infine, i consiglieri più pragmatici fanno notare che, secondo la giurisprudenza, una legge elettorale supera gli statuti. Si vedrà.
Intanto, dopo il via libera all’eliminazione dei due mandati per i consiglieri regionali varato mercoledì, ieri sono stati approvati altri due dei quali forieri di estenuanti discussioni in aula. Parliamo della possibilità per gli aspiranti consiglieri regionali di candidarsi non più in tre bensì in tutti e sette i collegi veneti. Un elemento letto, sulla breve distanza, come apripista per nuovi e travolgenti successi alle urne della Lega pigliatutto ma, all’opposizione, c’è anche chi osserva: «In un quadro politico fluido come questo il vento (e le coalizioni) possono mutare repentinamente». Lo stesso discorso vale per l’altro punto approvato: il 60% dei seggi alla coalizione che vinca superando il 40% dei voti. «Potrebbe essere un boomerang per l’attuale maggioranza in un futuro non troppo lontano» si vaticina fra i corridoi di Palazzo Ferro Fini.
In aula, a microfoni aperti, invece, si combatte palmo a palmo. L’opposizione parla di leggi ad personam ma non basta a stoppare l’emendamento che consente ai consiglieri regionali di candidarsi alle prossime amministrative. Risuonano a più riprese i nomi di Caner e Riccardo Barbisan candidati a Treviso e del presidente dell’assemblea di Ferro Fini, Roberto Ciambetti. Ieri,la consigliera del M5S Patrizia Bartelle ha fatto presente come anche Sergio Berlato di FdI figuri nella lista di Giorgia Furlanetto ad Adria. «Certo, ci sono come ultimo della lista puntualizza Berlato - per vicinanza alla candidata ma se mai fossi eletto, non accetterei l’incarico». E in una vivace querelle tutta polesana, Graziano Azzalin del Pd è esploso: «Anche a me avevano chiesto di candidarmi lì ma ho risposto “Compagni, non scherziamo, io faccio il consigliere regionale, e cerco di farlo al meglio”».