Corriere di Verona

Incubo finito, Farah: «Sono libera»

Blitz della polizia in Pakistan, la studentess­a chiama il fidanzato: torno a Verona. Lui: «Ci sposeremo»

- Priante

VERONA«Ciao amore, so che sei a lezione. Voglio solo dirti che sono libera». Finiscono con una telefonata al fidanzato, i tre mesi da incubo di Farah, la diciannove­nne pachistana che dal 2008 viveva a Verona, con la famiglia. Fino a febbraio, quando i genitori l’avevano convinta con una scusa a fare un viaggio in patria e, una volta arrivati in Pakistan, l’hanno costretta ad abortire e poi l’hanno tenuta prigionier­a. La sua unica colpa, è stata quella di amare un ragazzo italiano e di religione cristiana, e di restare incinta senza essere sposata. Dopo i messaggi alle compagne, e l’attivazion­e dei canali diplomatic­i, ieri il blitz della polizia che l’hanno liberata. Il fidanzato: «Presto ci sposeremo».

La prigione di Farah era un appartamen­to a Garhi Shahu, uno dei più antichi quartieri residenzia­li di Lahore, che con i suoi undici milioni di abitanti è la seconda metropoli del Pakistan. Fuori dalla città vecchia, vicino alla stazione ferroviari­a di Lahore Junction, ieri mattina è scattato il blitz della polizia locale. Nulla di eccezional­e: gli agenti hanno bussato alla porta, qualcuno ha aperto, e si sono portati via la ragazza.

Sono finiti così i tre mesi da incubo della diciannove­nne pachistana che dal 2008 viveva a Verona, con la famiglia. Una vita complicata, con un padre-padrone che faceva di tutto per impedirle di vedere le coetanee italiane perché raccontava un’amica - «temeva che avrebbero potuto influenzar­la, spingendol­a a fare cose “non giuste”, come fumare o bere». Fino a febbraio, quando i genitori l’avevano convinta - con la scusa del matrimonio di un parente - a fare un viaggio in patria e, una volta arrivati a Lahore, l’hanno costretta ad abortire e poi l’hanno tenuta prigionier­a. La sua unica colpa, è stata quella di amare un ragazzo italiano e di religione cristiana, e di restare incinta senza essere sposata. Un’onta inaccettab­ile per la sua famiglia che aveva deciso di vendicarsi così, uccidendo il bimbo che portava in grembo per poi darla in sposa a un connaziona­le.

Per fortuna Farah ha trovato la forza di ribellarsi, chiedendo aiuto alle compagne di scuola attraverso dei messaggini spediti di nascosto con il telefonino. «Qualcuno venga a prendermi», implorava.

Le chat sono state consegnate dalla scuola alla Digos di Verona. Si è messa in moto la Farnesina e - in collaboraz­ione con le autorità pachistane e la questura scaligera - ieri mattina è scattato il blitz nell’appartamen­to.

Il fidanzato in quel momento era a scuola. Il telefonino ha squillato e, quando ha risposto, c’era la voce di Farah a rassicurar­lo: «Ciao, so che sei a lezione. Voglio solo dirti che sono libera». Nient’altro, perché a volte le parole non servono.

«La ragazza era effettivam­ente rinchiusa in casa ed è stata costretta ad abortire», confermano fonti vicine alla Farnesina. «È provata ma in buone condizioni di salute».

Farah è stata condotta in un appartamen­to protetto, gestito dal Pcsw, la Commission­e del Punjab sullo status delle donne, un’organizzaz­ione che si batte per garantire la sicurezza delle pachistane.

L’eroe del giorno è l’ambasciato­re italiano a Islamabad, Stefano Pontecorvo. È stato lui a tessere la tela diplomatic­a che ha portato alla liberazion­e della diciannove­nne. E sempre il diplomatic­o ha voluto subito incontrarl­a, per alcuni minuti. «Una prestazion­e impression­ante. Compliment­i al Pcsw e alle autorità del Punjab e del Pakistan. Grazie», ha twittato nel pomeriggio.

La studentess­a ha confermato all’ambasciato­re la volontà di tornare in Italia e la Farnesina si è già attivata per organizzar­e il viaggio. «Sarà a Verona entro la fine della prossima settimana» assicurava­no ieri, tra i corridoi del ministero degli Esteri.

Dopo tante notti insonni, il suo fidanzato può finalmente tornare a sorridere: «Non vedo l’ora di riabbracci­arla». Al

Corriere del Veneto aveva raccontato che, prima della sua partenza per Lahore, avevano deciso di sposarsi. L’orribile esperienza vissuta in queste settimane, li costringer­à probabilme­nte a concentrar­si su

Il Comune di Verona Farah cercava una libertà non solo fisica ma anche psicologic­a, ora la aspettiamo

altro. «Per ora voglio solo che lei ritrovi la serenità. Inizialmen­te andrà a vivere in una struttura protetta, perché casa mia per lei non è un luogo sicuro. Poi, appena mi sarò diplomato, troverò un lavoro e allora finalmente ci sposeremo e andremo a vivere insieme».

Il Comune di Verona si è detto pronto ad accoglierl­a, attraverso il «progetto Petra», che si occupa proprio di tutelare le donne vittime di violenza. Nel settembre dello scorso anno, Farah aveva denunciato il padre per maltrat-

tamenti e per alcuni mesi aveva vissuto proprio in una «casa sicura» messa a disposizio­ne dalle associazio­ni che lavorano con i servizi sociali. Fino a gennaio, quando i genitori avevano finto di volersi riappacifi­care e l’avevano convinta a tornare a casa. All’epoca, la studentess­a era già entrata nel secondo mese di gravidanza e il bimbo sarebbe dovuto nascere ad agosto.

«Farah cercava una libertà non solo fisica, ma anche psicologic­a, da tanti condiziona­menti», spiega l’assessore ai servizi sociali Stefano Bertacco. «È una bella notizia la sua liberazion­e, speriamo possa rientrare al più presto e riprendere il percorso che aveva iniziato con noi».

Mentre la ragazza si prepara a riabbracci­are il fidanzato e le compagne di scuole, le indagini delle autorità pachistane vanno avanti. A quanto si è appreso, nessuno dei suoi familiari è stato arrestato ma l’inchiesta coordinata dal tribunale di Islamabad prosegue per accertare le loro responsabi­lità.

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 ??  ?? «Sono libera» Farah, 19 anni, è stata liberata ieri dalla polizia pachistana. Da febbraio, quando aveva lasciato Verona, era tenuta prigionier­a dai genitori
«Sono libera» Farah, 19 anni, è stata liberata ieri dalla polizia pachistana. Da febbraio, quando aveva lasciato Verona, era tenuta prigionier­a dai genitori
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