«Contro la violenza, certezza della pena» La testimonianza (e l’appello) di Gessica
La Notaro ha raccontato la sua esperienza. L’esperto: «Il 78% non denuncia»
«Non basta educare al LAZISE rispetto e avere la certezza della pena. Bisogna fare di più, usando tutti i mezzi a disposizione per prevenire reati del genere» con queste parole Gessica Notaro, miss riminese sfregiata con l’acido dall’ex fidanzato nel 2017, ha sottolineato l’importanza di agire prima che il reato di femminicidio (attuato o tentato) si compia. Una testimonianza forte la sua, raccolta lunedì sera dalla platea gremita della Dogana Veneta a Lazise per una serata di riflessione contro la violenza sulle donne.
Al suo fianco Lidia Vivoli, sopravvissuta alla furia omicida dell’ex compagno, ha raccontato attimo per attimo di una notte da incubo del 2012, finita in codice rosso al pronto soccorso con trauma cranico, commozione cerebrale, ferite da taglio, escoriazioni da soffocamento, zigomi rotti e innumerevoli edemi in tutto il corpo.
«Quasi tre milioni e mezzo di italiane hanno subìto stalking una volta nella vita, di cui due milioni da parte di ex partner – ha spiegato Gianni Spoletti, investigatore esperto di cyber crime security – ma il 78% decide di non denunciare». Dati allarmanti quelli riportati nel corso dell’incontro, che mettono l’accento sulla necessità di sradicare una cultura atavica della donna, ancora in posizione periferica rispetto all’uomo.
Di fronte alla definizione del colonnello Ettore Bramato, comandante provinciale dei carabinieri, degli stalker come «malati da sottoporre a cura psicosanitaria», la psicologa forense e criminologa Roberta Bruzzone ha detto «no», delineando uno schema fisso di azione e svalutazione da parte del manipola- tore narcisista. Ruolo scomodo quello delle istituzioni, non sempre all’altezza di ribattere davanti alle cicatrici delle vittime e di una giustizia che a volte stenta a farsi vedere.
Secondo il sostituto procuratore Elvira Vitulli il quadro è perfettibile, ma già efficace, grazie a un graduale aumento di misure cautelari come il 282 bis (che dispone l’allontanamento dalla casa famigliare) e 282 ter (il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). Tra il dire e il fare allora, perché questo mare di incongruenze? «Pur volendo tutelare la vittima, la legge prevede la custodia cautelare solo quando nessun’altra misura è applicabile». Capire chi si ha di fronte, senza limitarsi al singolo evento, è la prospettiva di Fiorenzo e Alberto Alessi, avvocati difensori di Gessica: «Qualche idea pratica per colmare le lacune del sistema? Un maggior utilizzo dei dispositivi tecnologici come i braccialetti elettronici, organizzare corsi riabilitativi per chi commette il crimine e prevedere l’ascolto del giudice della parte offesa».
Gli avvocati Per colmare le lacune del sistema basterebbe un maggior utilizzo dei dispositivi tecnologici come i braccialetti elettronici, organizzare corsi riabilitativi per chi commette il crimine e che il giudice ascoltasse la parte offesa