IMMIGRATI E SCOMODE VERITÀ
Gli immigrati ovviamente non votano, ma «fanno votare». Una ricerca sulle elezioni del 4 marzo ha infatti trovato una correlazione tra la forte presenza di stranieri ed il voto alla Lega così come tra diffusa disoccupazione ed il voto ai 5 Stelle. Inutile aggiungere che anche in altri paesi europei l’immigrazione produce reazioni e programmi politici basati sull’insofferenza. Una insofferenza in grado di raccogliere spesso ampi consensi elettorali, come si è visto. Un tentativo di disinnescare i discorsi sull’immigrazione dalla faziosità, dai pregiudizi e talvolta anche dalla violenza (spesso verbale, ma non solo) è contenuta nell’agile libro scritto da due exdirettori della McKinsey italiana ed intitolato «Dialogo sull’immigrazione. Tra falsi miti e scomode verità». Il titolo, che richiama un famoso scritto di Galileo del Seicento, rimanda proprio ad un serrato dialogo tra due personaggi, uno contro ed uno a favore del fenomeno migratorio. Le «scomode verità» contenute nel libro sono essenzialmente quattro. La prima è che i flussi migratori sono un fenomeno globale e sostanzialmente inarrestabile in cui l’Italia, pur in «prima linea» a causa perlomeno della sua geografia per così dire mediterranea e quindi euroafricana, non è nemmeno tra i paesi con maggior presenza di immigrati vari (solo Milano ha tassi di presenza in linea con le principali città europee).
La seconda verità (spiacevole) è che la nostra demografia si sta notoriamente avviando verso il default che rende/renderà insostenibile tutto il nostro impianto pensionistico ed assistenziale-sanitario: non essendoci più un numero di donne italiane sufficienti per rilanciare la natalità (ammesso che lo volessero effettivamente), occorrono 200 mila ingressi all’anno di stranieri. Ma a due precise condizioni, che costituiscono la terza e la quarta verità. La prima è che l’Italia sa salvare ed accogliere, ma non sa gestire i flussi dei rifugiati, che altrimenti alimentano il serbatoio sociale incontrollabile e pericoloso degli irregolari. La Germania – paese dalla demografia fiacca quasi quanto l’Italia – basa l’integrazione su tre elementi di teutonica efficienza chiamati lingua, istruzione ed impiego. Infine occorre volere in Italia non una immigrazione qualunque, ma una immigrazione di qualità. In pratica una immigrazione culturalmente «compatibile» e con scolarità alte e a noi necessarie (ad esempio le professioni sanitarie). Due caratteristiche che renderebbero il fenomeno migratorio maggiormente integrabile ed accettabile. Sottraendolo al fascino facile delle percezioni e dei pregiudizi ed obbligandoci a ragionare più con la mente e meno con la pancia. Evitando altresì gli scontri e gli slogan: non a caso il libro propone un titolo che è anche un metodo: quello del dialogo (sull’immigrazione).