Volti e reportage, gli scatti di Maass alla Marciana
Dai volti segnati delle donne del Nepal, ai paesaggi ruvidi e aspri delle Ande o della Groenlandia, delle Alpi o della catena dell’Himalaya. Scatti che raccontano storie di curiosità, solitudine, scoperta, sforzo fisico, perseveranza e desiderio di immergersi in una natura sconosciuta. Le fotografie di Dierk Maass invitano lo spettatore a ri-sperimentare il viaggio catturando ambienti intatti.
Alla Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia è allestita fino al 1° luglio la mostra Coordinate, presenta una trentina di lavori del fotografo svizzero, da lui stesso selezionati, serie realizzate negli ultimi anni in diversi continenti. Sono le coordinate geografiche il filo rosso che unisce l’opera di Maass: costituiscono i titoli delle sue fotografie, indicando la località dove ogni scatto è stato colto. Creano un interessante dialogo queste grandi immagini contemporanee col luogo storico che le ospita, inserite nelle Sale Monumentali della Biblioteca di Piazza San Marco, abitate da mappamondi e globi tra i più antichi della storia occidentale. Deserti e cime montuose innevate o siti remoti dove l’adattamento dell’uomo o degli animali è ai limiti, diventano rappresentazioni spettacolari che Dierk Maass fissa con l’obbiettivo inseguendo le architetture naturali. Ma è il potere inebriante della luce a giocare un ruolo chiave, sia per cogliere i diversi stati d’animo di individui, come nella serie Shades° of’ Dolpo, sia per dare enfasi a pareti rocciose, scheletri di alberi secchi o cactus, larghezze infinite e altezze spigolose attraverso la sovraesposizione, come nella serie Incident° of ’ Light.
Non sono mai immagini da cartolina quelle di Maass, che percorre i 48mila chilometri della Panamericana, dall’Alaska fino alla Terra del Fuoco, in una narrazione on the road che testimonia sempre «l’altra faccia». La serie si chiama Highway to’ Heaven e mostra tutto quello che è – o era - vita nei pressi di quest’autostrada infinita. E tutto può diventare irriconoscibile e incredibilmente poetico attraverso la dissolvenza, come in Sense of’ Distance: spazio all’immaginazione.