«Bravissimi». «Anche voi» La Lega tratta con se stessa solo sorrisi tra Luca ed Erika
ROMA «Non cerco la rissa». Il presidente Luca Zaia, che accanto alle Memorie di Adriano tiene sempre sul comodino i precetti del Mahatma Gandhi, lo ripete spesso. Ma altro che rissa: col ministro Erika Stefani corre il rischio di rilassarsi troppo, di sconfinare nel buonismo tanto inviso proprio alla Lega. Le strette di mano, i sorrisi, i cenni d’intesa, va bene. Ma perfino il lessico dei due ieri era perfettamente sovrapponibile. «E’ una giornata storica» dice Zaia; «Epocale» gli fa eco Stefani. «A ciascuno l’autonomia che gli spetta, come diceva Einaudi» avverte Zaia; «Tagliata su misura, un abito sartoriale» lo rassicura Stefani. «Ora si torna al lavoro, pancia a terra» proclama Zaia; «C’è molto tempo da recuperare, ventre a terra» promette Stefani, giusto svariando un po’ sui sinonimi. Insomma, se non ce la si fa stavolta, col Carroccio al 20% nei Comuni, al 30% in Veneto, saldamente al timone della Regione, copilota al Governo, insediato - con una veneta - nel ministero chiave degli Affari regionali... (per inciso: ieri in via della Stamperia si aggirava pure Roberto Calderoli, che fu predecessore della Stefani, forse per qualche consiglio).
Di sicuro i tempi del sottosegretario dem Gianclaudio Bressa, che pure ha sempre avuto con Zaia un rapporto istituzionale correttissimo non a caso poi sfociato nella pre-intesa quadro da cui oggi può riprendere il confronto tra Stato e Regione, sono lontanissimi. I tempi del referendum «assolutamente inutile», di Zaia «che alza fumo» e «fa solo propaganda» e «va contro l’Unità nazionale». E il presidente non fa nulla per nasconderlo: «Il governo precedente ci ha impugnato il referendum davanti alla Consulta, ha promosso i ricorsi al Tar... Oggi incontriamo un ministro che ci accoglie a braccia aperte: Stefani è stata una grande sostenitrice del referendum ed ora è un ministro molto attivo e performante, con lei stiamo concretizzando quel progetto che per qualcuno era populista e senza arte né parte». Ogni riferimento a Bressa e al Pd è assolutamente non casuale.
Difficile per il ministro, dopo una simile introduzione, così ricolma di stima, marcare un’autonomia dall’autonomia. Anche perché Zaia, che ieri è sembrato dare le carte al tavolo, ha sempre pronto il kit per testare il grado di veneticità del suo interlocutore: «Dovrò dimostrarla lavorando tanto e facendo lavorare tanto, come si usa dire di noi - sorride Stefani - la partita dell’autonomia è davvero affascinante, non solo sul piano politico ma anche giuridico. Per fortuna sono avvocato, ho gli strumenti necessari per affrontare una partita così complessa». Prima il Veneto, anche nell’agenda degli incontri? «Guardi, io mi spoglio delle mie vesti di veneta e di leghista e le dico che, effettivamente, il Veneto, dopo un lavoro bellissimo, messo a punto da personalità notevolissime, ha formulato una richiesta basata su un consenso popolare fortissimo, plebiscitario. E dunque da qui partiamo, anche perché questa legislatura sarà particolarmente caratterizzata da un’azione di governo che interpreta la volontà popolare». E Zaia subito si muove a difesa: «E’ fuor di dubbio che il Veneto si sia mosso nella notte dei tempi, tutti ci riconoscono di essere gli apripista». Avanti tutta dunque e ieri s’è scritto l’inizio di questo nuovo capitolo. Com’è andata? «Ottimamente» per Stefani. «Un incontro positivissimo» conferma Zaia.