Brevetta il calice di spritz monodose «Rischio di doverlo produrre all’estero»
L’idea è di quelle che potrebbero rivoluzionare il modo di sorseggiare un calice di vino o un bicchiere di spritz. Non più al bancone del bar o seduti a tavola. Ma ovunque: a un pic-nic, o allo stadio o durante un concerto.
La startup Liquid Nation creata da due veneziani e dalla moglie inglese di uno di loro - ha sviluppato «Barhandbag», il primo calice monodose in grado di contenere anche vini frizzanti. In pratica, un bicchiere di plastica (priva di blasfenolo) dotato di un tappo particolare, che si acquista con la bevanda già al suo interno. Pronta per essere sorseggiata, quindi.
Il brevetto non poteva che essere concepito in Veneto, dove il buon bere è un principio irrinunciabile, oltre che un business che muove esportazioni per due miliardi di euro. L’idea è venuta a Omar Zanatta, Joanne Richardson e al marito di quest’ultima, Marco Musaragno il cui nome è collegato a un’altra invenzione che negli anni scorsi aveva fatto molto parlare: il «tappo che respira», capace di garantire al vino imbottigliato una lunga vita, senza alterazioni.
Con la Liquid Nation hanno sviluppato un bicchiere di plastica con il gambo estendibile (in modo da apparire come un calice) e dotato di un tappo a vite filettato all’interno, capace di garantire una pressione elevata (quindi utilizzabile anche negli aerei in volo) e di contenere al suo interno 187 millilitri di vino frizzante. «Non solo: è riciclabile, leggero, lavabile in lavastoviglie e, una volta aperto, il prodotto al suo interno può essere consumato entro tre giorni», spiega Musaragno, che abita con Joanne a Martellago. Nello stesso paese è cresciuto anche Zanatta, il loro socio che oggi vive a Londra.
La startup ha già realizzato diversi prototipi: il calice per i vini, quello per la birra, e quello (da 250 millilitri) per un altro dei prodotti-simbolo del Veneto, lo spritz.
L’obiettivo è di offrire ai clienti l’opportunità di comprare, anche al supermercato, del vino già in bicchiere. E l’idea sembra piacere, specie al mercato estero che in questi anni ha dimostrato di apprezzare le bottiglie delle nostre aziende vitivinicole. «Prima ancora di cominciare la produzione - assicura Musaragno - abbiamo ordinativi e richieste per due milioni di pezzi da esportare in mezzo mondo, a cominciare dall’Inghilterra dove abbiamo aperto la prima società, la Liquid Division. Stimiamo un investimento di 1,6 milioni di euro, che comprende la realizzazione di uno stabilimento produttivo in Veneto che offrirebbe lavoro a circa cinquanta persone, indotto compreso».
Il condizionale è d’obbligo. «In Inghilterra abbiamo immediatamente ottenuto il via libera a operare - racconta Musaragno - e in brevissimo tempo potremmo aprire uno stabilimento nel Regno Unito godendo di una serie di importanti agevolazioni per le startup, anche di natura fiscale. Ma è in Veneto che nasce il vino che vogliamo commercializzare, e per questo faremo tutto il possibile per sviluppare qui il nostro progetto». Ma è proprio da questa scelta che derivano i problemi. «Stiamo riscontrando enormi difficoltà di accesso al credito - spiega Musaragno - le banche non vogliono correre rischi e pretendono l’ingresso di un socio con una quota troppo elevata. Veneto Sviluppo, che abbiamo interpellato, potrebbe aiutarci ma anche con loro è necessario l’ingresso di una finanziatore per almeno il 20% dell’investimento. Ma in questo modo il nuovo socio potrebbe accentrare su di sé le scelte aziendali e chi, come noi, ha creato dal nulla un prodotto innovativo non può permettersi di vederselo sfilare da sotto il naso».
Insomma, a sentire Musaragno l’idea è buona e le commesse non mancano, ma tutto sarebbe bloccato in attesa di un socio in grado, con la sua solidità, di garantire l’accesso ai finanziamenti da parte delle banche. «Ci prendiamo ancora del tempo per trovare una soluzione a questa impasse», conclude l’imprenditore. «Ma se non dovesse arrivare, è evidente che saremo costretti a portare in Inghilterra la produzione del nostro Barhandbag».