Ranieri al Romano canta la «malia» jazz napoletana
Stasera al Romano la canzone napoletana degli anni Cinquanta e Sessanta in chiave jazz. «Merito di Modugno e Carosone che hanno saputo rivoluzionare i classici, inserendovi quella musica nuova che veniva d’Oltreoceano»
«Malia è una delle cose più belle che abbia mai fatto. Ha un sapore particolare, ha tirato fuori l’anima jazz di alcune canzoni napoletane degli anni Cinquanta e Sessanta». Massimo Ranieri per una sera lascerà a casa le sue «Rose rosse» per incontrare il jazz, oggi al teatro Romano, evento del Verona Jazz (ore 21.15, info www.eventiverona.it).
Prima il progetto «Malia Napoli 1950-1960» del 2015 e poi «Malia parte seconda» dell’anno dopo, hanno cercato, trovato e riscoperto quel collegamento sottile che unisce la canzone napoletana del dopoguerra alla musica jazz. «Per quanto mi riguarda ero ignorante in materia. Il jazz non è mai stato il mio forte, ma ho sentito il bisogno di avvicinarmici. Un giorno ha chiamato Mauro Pagani che mi ha esposto la sua idea di fare le canzoni degli anni ‘50 e ‘60 in chiave jazz – ricorda Ranieri - i due dischi, “Malia - Napoli 19501960” e “Malia parte seconda” sono quasi tutti registrati in diretta. Io in un gabbiotto e gli altri musicisti nei loro. Agli inizi è stata una sofferenza perché non capivo quando mi doveva inserire. Ora per fortuna si va lisci come l’olio, ci divertiamo da impazzire». Un viaggio inconsueto che non tocca standard e classici della canzone partenopea, ma un repertorio inusuale scelto per il background degli anni in cui sono state composte e registrate. «Non abbiamo scelto i classici napoletani che tutti conoscono, ma i cavalli di battaglia di Renato Carosone e Domenico Modugno – spiega Ranieri - in quegli anni venivamo dalla guerra; a Napoli erano arrivati gli americani, gli afroamericani e una musica che nessuno
conosceva. sui grandi Questo come Carosone ha influito e Modugno Settanta su e, un poi, altro negli grandissimo anni come Pino Daniele che aveva il blues dentro». Con il doppio progetto di «Malia», Ranieri ha creato una strada dove prima c’era solo un sentiero appena tracciato, colorando di jazz canzoni come «Malafemmina» di Totò e «Dove sta Zazà», passando per «Strada ‘nfosa» di Modugno e «Torero» di Carosone. «In quegli anni si suonava “Anema e core” e “Resta cu’mme”, musica soffusa, non disturbante, servire a far ballare i lenti – vuole precisare l’artista con 54 anni di musica alle spalle - Modugno e Carosone hanno saputo rivoluzionare la canzone napoletana, inserendovi quella musica nuova che veniva d’oltreoceano. È stato un grande cambiamento, basta pensare a “Torero” o “Tu vuò fà l’americano” ma anche a “Musetto”, canzoni pensate per creare quell’atmosfera». Un progetto simile sarebbe stato inattuabile se non condiviso con i grandi del jazz italiano. Così, questa sera al Romano, Ranieri potrà contare sull’accompagnamento di mostri sacri del genere come Stefano Di Battista ai sassofoni, Enrico Rava alla tromba e al flicorno, Rita Marcotulli al pianoforte, Riccardo Fioravanti al contrabbasso e Stefano Bagnoli alla batteria. «Non si può mica andare dritti in una canzone bisogna sempre improvvisare – saluta l’artista napoletano - il risultato più clamoroso è stato il San Carlo di Napoli, è stata dura far digerire ai miei concittadini quelle canzoni in chiave jazz. Ma è andato tutto bene perché non abbiamo stravolto nulla, io canto le canzoni come sono state scritte e i musicisti le jazzano, senza mai pestarci i piedi a vicenda».