Roma e Regione, asse sulle chiusure festive
Marcato a Di Maio: «La nostra proposta dal tavolo etico». Contrari i consumatori
Un incontro con Di Maio. Roberto Marcato, assessore veneto al Commercio, rilancia la possibilità di frenare sulle aperture domenicali e festive.
«Ho chiesto un incontro al ministro Di Maio, per condividere con lui questa battaglia di civiltà. Chiederò una gestione su base regionale e la chiusura durante tutte le festività. Poi, se fosse per me, pretenderei le saracinesche abbassate ogni domenica». Roberto Marcato, assessore al Commercio della giunta Zaia, non ha aspettato troppo per cogliere l’assist del nuovo governo, che con la voce del vicepremier pentastellato ha suggerito la possibilità di mettere un freno alle aperture domenicali e festive, liberalizzate dal governo Monti. Un’idea su cui il Veneto lavorava con ampio anticipo, «insieme alle organizzazioni di categoria del settore, le sigle sindacali, i comitati e i movimenti locali», come ricorda lo stesso Marcato. All’inizio dello scorso anno la Regione ha istituito il tavolo etico per le aperture domenicali che in questi mesi ha concordato una proposta che parte dalla chiusura tassativa durante tutte le principali festività nazionali - i cosiddetti 12 «superfestivi» in cui si ritrovano Natale, Pasqua, Primo Maggio e 25 Aprile - ma che soprattutto vorrebbe rimettere in mano a palazzo Balbi le deroghe per eventuali aperture. «Con il ministro del Lavoro voglio anche parlare della specificità della nostra Regione: qui il 90 per cento delle aziende è a conduzione familiare, con meno di 10 dipendenti. Il turnover è impossibile».
Federdistribuzione difende la misura firmata dall’esecutivo Monti: «La discrezionalità locale aveva portato a situazioni assurde, con centri commerciali separati da poche centinaia di metri costretti a norme differenti a causa del confine comunale ricorda Pierluigi Albanese, responsabile regionale - Non dimentichiamo poi che con le liberalizzazioni sono arrivati 4.000 posti di lavoro». Secca la replica di Confesercenti: «È davvero questo il lavoro che vogliamo, part time da sei euro all’ora? - domanda la presidente Cristina Giussani - è un ricatto inaccettabile».
Anche Confcommercio la pensa alla stessa maniera: «Le aperture non hanno fatto crescere i fatturati delle imprese, né hanno portato occupazione – spiega il presidente Massimo Zanon – nel migliore dei casi si è aperto uno scenario precario, con meno ore globali lavorate. Le 74 mila piccole e medie imprese commerciali che hanno chiuso i battenti solo tre anni dopo l’entrata in vigore delle liberalizzazioni parlano chiaro».
La svalutazione del lavoro è citata anche dalla direzione dei supermercati Sme, che punta il dito contro i sindacati: «Le sigle hanno accettato di equiparare il lavoro domenicale a quello feriale. Noi abbiamo fatto i nostri conti, preferiamo restare chiusi la domenica, così nel periodo natalizio, quando le aperture straordinarie servono anche a noi, possiamo pagare i nostri dipendenti il 50 per cento in più». Eppure oggi anche i sindacati chiedono una «rendicontazione del Salva Italia», come suggerisce Maurizia Rizzo, di Fisascat Cisl: «Almeno i superfestivi devono vedere una chiusura netta, magari anche metà delle domeniche: ma si potrebbe pensare anche ad un sistema di turnazione, come le farmacie». Un’idea che potrebbe trovare il favore di Despar: «Noi ci adegueremo a quello che deciderà il governo - assicura l’ad Francesco Montalvo - ma alcuni nostri punti vendita segnano il 12% del fatturato settimanale la domenica, quindi un compromesso sarebbe la soluzione migliore». Restano contrari i rappresentanti degli acquirenti, ormai più che abituati alla spesa domenicale: «Se i dipendenti sono d’accordo è giusto restare aperti insiste Antonio Tognoni, dell’Unione Nazionale Consumatori - Trovare il giusto equilibrio nei turni è una responsabilità dei datori di lavoro».
Marcato (Lega) Qui il 90% delle attività è familiare, il turnover è impossibile