«Noi scriviamo di corpi, gli uomini di guerra»
Letteratura All’autrice di «Memorie di ragazza» il premio Hemingway Annie Ernaux, la Francia e l’Italia: «Meglio Macron di Salvini»
Si è tuffata dentro il dolore come pochi altri scrittori. Ha narrato di amore, sesso, violenza, aborto, malattia, ma per Annie Ernaux la scrittura resta soprattutto un atto politico, con cui sensibilizzare i lettori, ad esempio sulla questione del privilegio di nascita e sull’esperienza di genere in una società patriarcale, temi portanti delle sue opere. Tra i romanzi più noti, Una vita di donna, con la cronaca del suo tumore, L’altra figlia, lettera alla sorella morta prima della sua nascita. In Memoria di ragazza, sessant’anni dopo, rievoca l’estate del primo rapporto sessuale, «il grande ricordo della vergogna, il più intrattabile di ogni altro».
Annie Ernaux in questi giorni è a Lignano Sabbiadoro per ritirare il premio Hemingway per la letteratura (domani al CinemaCity, ore 18, a cura della Fondazione Pordenonelegge). E si è raccontata. Senza ipocrisie.
Cosa significa per lei vincere un premio dedicato a Hemingway?
«Ho cominciato a leggere Hemingway quand’ero molto giovane, a 18 anni: “Addio alle armi” mi ha commossa fino alle lacrime. Da adulta ho apprezzato soprattutto la sobrietà dello stile che suggerisce le cose senza dirle, questo mi ha affascinata più di tutto, credo sia la sua innovazione e grandezza. Dedicare un premio a un autore contribuisce a renderlo immortale. Legare il suo nome a una città, come in questo caso Lignano, incarna la memoria dell’autore in un presente territoriale».
La sua scrittura è spesso stata catalogata come autobiografia, ma lei rifiuta di rientrare in un genere letterario, perché?
«Credo che la maggior parte delle opere letterarie francesi sfugga alla catalogazione di genere. Anche per la mia scrittura è così. Scrivere all’interno di un genere ben preciso è un freno alla creazione. All’inizio nei miei libri ho messo in luce la differenza tra il mondo dei dominanti e quello dei dominati, partendo dall’esperienza da cui vengo, anche con aspetti intimi e personali. Sono una transfuga di classe, dal mondo operaio dei miei genitori, diventando insegnante mi sono lasciata alle spalle la classe d’origine, questo mi ha portata a sentire sempre molto il tema delle lotte sociali».
Elisabeth Strout dice che la scrittura femminile come genere non esiste. Lei cosa ne pensa?
«La scrittura femminile esiste da un punto di vista commerciale, basta vedere che in qualsiasi grande centro commerciale o libreria si trova il reparto “letteratura sentimentale”. Dal punto di vista dello scrittore, invece, sono d’accordo con Elisabeth Strout, non esiste. Però le donne scrivono più del corpo che delle guerre. Così come gli uomini scrivono meno del corpo e più delle guerre».
Ha mai subito molestie? Nel mondo della letteratura c’è parità di genere?
«Le molestie non sono solo quelle sessuali. La dominazione maschile si subisce in ogni aspetto dell’esistenza, come tutte le donne l’ho subita anch’io, sia come scrittrice che come insegnante. Gli esempi sono ogni giorno sotto gli occhi, basta vedere che nella carriera ai ruoli di vertice arrivano soprattutto gli uomini o che nei dibattiti televisivi o kermesse letterarie gli ospiti sono prevalentemente scrittori maschi».
Oggi come vede la sua Francia?
«La Francia attuale è un paese diviso in cui coesistono paura e chiusura da una parte e multiculturalismo e apertura dall’altra. Questa differenza esplode, diventa conflitto durante le elezioni. Macron era aperto a una Francia che evolve, poi da presidente la sua politica ha mostrato un volto di destra. Anche se penso che Macron non abbia nulla a che spartire con Salvini in Italia, la sua ora è una politica liberale di destra, feroce anche contro tutti i movimenti sociali che implicano cambiamento, compresi i sindacati. E anche nel governo Macron, come nel governo italiano, le donne non ricoprono ruoli cruciali…».