«Verona Jazz», gran finale col trio di Dave Holland
Stasera finale in crescendo per la rassegna: sul palco il leggendario bassista che fu al fianco di Miles Davis. Con lui il sassofonista Chris Potter, solista tra i più potenti, e Zakir Hussain, maestro indiano di tabla e figlio d’arte
Tre giganti del jazz, provenienti da tre continenti diversi, per il finale in «crescendo» del Verona Jazz. La leggenda inglese del contrabbasso Dave Holland, il virtuoso indiano delle tabla Zakir Hussain e il geniale sassofonista di Chicago, Chris Potter, questa sera suoneranno assieme sul palco del teatro Romano nel concerto promosso da International Music and Arts in collaborazione con Veneto Jazz, nell’ambito dell’Estate Teatrale Veronese (ore 21.15, www.venetojazz.com).
Holland, titolare del trio, è, semplicemente, uno dei più importanti bassisti della storia del jazz, mostro sacro dello strumento, che ha da poco superato i cinquant’anni di carriera. L’esordio del contrabbassista di Wolverhampton avvenne quando fu scelto per entrare nella band di Miles Davis, comparendo nelle registrazioni del trombettista a partire dal settembre 1968 per l’album «Filles de Kilimanjaro», con Davis, Corea, Wayne Shorter e Tony Williams. Il sodalizio tra i due durò fino all’estate del 1970 registrando in questo periodo album fondamentali per il jazz fusion come «In a silent way» e «Bitches brew».
Lasciato Davis, Holland formò il gruppo Circlee con Chick Corea, Barry Altschul e Anthony Braxton. Nel 1972 venne registrato «Conference of the birds», primo album di Holland come leader, che dà il nome alla composizione ispirata al bassista dal canto degli uccelli all’alba, pezzo di- ventato ormai uno standard. Holland negli anni Settanta lavorò come leader e come side man con molti altri musicisti come Stan Getz, Chick Corea, Anthony Braxton, Sam Rivers, e il Gateway Trio con John Abercrombie e Jack
DeJohnette. Nel 1980 il contrabbassista lasciò Rivers per formare una serie di quartetti e quintetti e per lavorare come side man di Herbie Hancock e altri big.
Con lui sul palco del Romano un altro pezzo da novanta come Chris Potter, uno dei più tecnici e potenti sassofonisti della sua generazione. Oltre alla fama di richiestissimo side man, è anche leader di importanti progetti, tanto che la rivista cult Down beat l’ha definito «uno dei più studiati (e copiati) sassofonisti del pianeta». Potente improvvisatore e il più giovane musicista ad aver vinto il Denmark’s Jazzpar Prize, ha inciso 15 album come leader e suonato in oltre cento dischi. Il suo lavoro «In vogue» è stato nominato ai Grammy Award. Ha suonato e registrato con i migliori nomi del jazz mondiale da Herbie Hancock a John Scofield, da the Mingus Big Band a Jim Hall, da Dave Douglas a Ray Brown, fino a Pat Metheny per il quale è stato uno dei pilastri della Unity Band (e poi della Unity Group).
A chiudere il trio ci sarà il maestro indiano di tabla, conosciuto in tutto il mondo, Zakir Hussain, figlio della leggenda dello stesso strumento Ustad Allarakha Khan, oggi ritenuto un fenomeno nel campo delle percussioni. Virtuoso del tamburo indiano (consistente in una cassa di legno o terracotta sulla quale è tesa una pelle che permette di creare svariate sfumature sonore), è un mito in patria e famoso all’estero tanto da aver collaborato con artisti del calibro di John McLaughlin, Van Morrison, Jack Bruce, Tito Puente e Billy Cobham.