I muscoli di Tortu hanno un segreto: li cura il veronese Flavio Di Giorgio
Il mago dei muscoli di Tortu è Di Giorgio, preparatore atletico della BluVolley e coach in una palestra in città
A lavorare sui muscoli di Filippo Tortu, neo primatista italiano nei 100 metri - quel 9’’99 che due giorni fa a Madrid ha abbattuto il record di Pietro Mennea - è Flavio Di Giorgio, classe ‘90, che vive a Verona, è preparatore atletico della BluVolley e allena atleti e non nella palestra Magnitudo Training qui in città.
«Nell’ultimo anno ci sono stati giorni in cui allenavo i ragazzi della BluVolley dalle nove alle undici, poi partivo per Monza per lavorare con Filippo, tornavo a Verona per la seduta del tardo pomeriggio con la Calzedonia e chiudevo in serata alla Magnitudo Training, la palestra di via della Scienza. Avrò accumulato circa 50 mila chilometri di macchina. Poco respiro, sì, ma tanta passione. E la soddisfazione di Madrid è qualcosa che ripaga». È ancora nella capitale spagnola, Flavio Di Giorgio, quando racconta la sua storia al telefono. Una notte a realizzare quanto fatto da (e con) Filippo Tortu al meeting spagnolo dell’atletica: primo italiano a scendere sotto i 10’’ nei cento metri, battuto quel record di Pietro Mennea che resisteva dal 1979, un 9’’99 da copertina nazionale. Del ventenne milanese, Di Giorgio è preparatore per la parte di palestra. Di Giorgio che nasce a Roma, classe ‘90. Gira una piccola fetta di mondo. E mette radici qui a Verona, dove si occupa dei muscoli dei pallavolisti della Calzedonia («vivo in un appartamento messo a disposizione dal club») e si occupa di un centro tecnico per atleti e non insieme a Cristiano Turri e Marco Paiella.
Partiamo da Madrid, Di Giorgio: Filippo Tortu che anche grazie al suo lavoro proietta l’atletica leggera italiana
avanti di 40 anni...
«Io ancora fatico a metabolizzare. Quando finirà l’onda mediatica riusciremo a pesare l’impresa. Che poi è solo un inizio, per Filippo, destinato com’è a un futuro da duecentometrista. Lavoro con lui dal settembre 2016, poco dopo il suo argento ai mondiali juniores. E mi ritengo fortunato. Un corpo perfetto sul piano muscolare e articolare, la particolarità sta nella capacità elastica, reattiva, che lo libera dalla necessità di grandi quantità di forza e come Bolt lo esalta sul lanciato: passati i 30, 40, 50 metri Tortu scatena un’ampiezza di passo che gli permette di continuare ad accelerare come pochi altri al mondo».
Com’è diventato il coach di Tortu per la parte di palestra?
«Un po’ per caso ma un po’ l’ho cercata. Vivevo in Svizzera a Zurigo, seguivo la preparazione degli ZSC Lions (importante club dell’hockey su
ghiaccio ndr) oltre ad alcuni nazionali elvetici di sci e snowboard, e tramite due carissimi amici che conoscevano alcuni partenti di Filippo ho contattato il suo allenatore, papà Salvino, chiedendo di assistere a qualche allenamento. Infine mi sono proposto, loro mi hanno testato per la parte dello sviluppo di forza ed esplosività e hanno deciso di prendermi. L’idea con cui coltiviamo il talento di Filippo è semplice e poco italiana: uno specialista per ogni fase, zero tuttologi».
Lei di fatto è un veronese acquisito, Di Giorgio, però il giro è largo...
«Nato a Roma, ci ho vissuto solo due anni. Poi tanto tempo tra Como e Varese con diploma di maturità all’alberghiero. Per laurearmi, in scienze motorie, ho seguito l’amore per il rugby fino in Galles. Appartamento a Mumbles, piccolo villaggio di pescatori nella zona di Swansea, mi svegliavo e guardavo l’oceano dalla finestra, cinque chilometri di camminata in spiaggia per raggiungere l’università. Dopo la laurea sono andato a Padova, giocando nel Petrarca, fino a quando un infortunio mi ha costretto a mettere altre carte sul tavolo. Allora ho lasciato il ruby e mi sono dedicato alla preparazione atletica».
E lì un bel po’ di tirocini...
«Per imparare tecniche nuove, già. Uno in Texas, seguendo anche squadre calcio femminile, nuoto, tuffi, volley. Un altro in Ohio a fianco di Louie Simmons, tra i massimi esperti mondiali su forza ed esplosività. Poi appunto Zurigo, all’Elite Training di Arno Galmarini. In quell’estate 2016 ho iniziato con Tortu e al contempo è arrivata la prima opportunità a Verona da preparatore del Valpolicella Rugby. Il che mi ha permesso di unirmi all’avventura della palestra Magnitudo, in città».
Lì cosa fa?
«L’idea era ricreare una palestra per atleti e non solo staccandosi dal modello classico, studiando con intelligenza sui carichi, aiutando un po’ tutti. Tra i clienti ho genitori che vogliono riprendere a sciare coi figli, una 40enne patita per l’allenamento della forza, alcuni maratoneti».
Quanto a preparazione atletica generale come siamo messi in Italia?
«Indietro di vent’anni. All’estero il tuttologo non c’è più, in un team ognuno fa la sua cosa e Salvino Tortu è stato bravo a scommettere su questo metodo. Ma è una rarità. A volte incroci atleti di altissimo livello che potrebbero regalarci tanto ma sono privi di una cultura della preparazione fisica: quella del bilanciere, quando arrivi a un certo gradino, diventa un limite. Se siamo tra i più forti nell’atletica giovanile ma poi ci spegniamo è perché mancano tecnica, basi posturali, basi delle alzate (il sollevamento
pesi, ndr) e perché mettiamo pressioni sbagliate su ginocchia e colonne vertebrali».
Il successo di Tortu nasce da un lavoro in direzione contraria, dunque...
«Nasce da una scommessa del suo allenatore, papà Salvino, che conosce l’importanza dei volumi di lavoro e della simbiosi tra gli specialisti che seguono un atleta».