L’appello dei veneti dell’impresa «Non si fermi il progresso»
Timori per la linea M5S. «Non solo Pedemontana, opere fondamentali»
«Se non vengono completate le grandi opere in Veneto tutto resterà com’è oggi, il cambiamento lo noteremo quando le aziende inizieranno a chiudere perché non riusciranno a tenere il passo. Questi progetti non servono a creare un vantaggio, piuttosto ad eliminare un handicap». Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto, non ha dubbi: i cantieri per le infrastrutture regionali vanno completati, non rallentati. E la partita per le Olimpiadi a Cortina va giocata fino in fondo.
Da Belluno a Vicenza, gli imprenditori che operano nel territorio parlano con una voce sola e raccontano la necessità di migliori collegamenti e di uno sviluppo ragionato e costante, in aperto contrasto con chi, dai banchi del consiglio regionale, critica la «megalomania del modello Veneto». Solo mercoledì era stata la volta della consigliera del Movimento 5 Stelle Patrizia Bartelle, che proprio sulla Pedemontana aveva invitato il ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli – anch’egli in quota pentastellata – a non commettere «autogol» dando il via libera all’opera. «Chi parla in questi termini ha vissuto solo di teoria – ribatte Marcello Cestaro, numero uno del gruppo Unicomm – Vengano qui, vedranno con i loro occhi come stanno le cose. Oggi l’unica soluzione per chi si deve muovere tra Bassano e Treviso è fare il giro per Venezia, un problema non solo per i trasportatori ma per gli stessi dipendenti pendolari, che ogni giorno viaggiano su strade intasate dagli incidenti. Se poi rifiutiamo il progresso, tanto vale tornare alle carrozze trainate da cavalli, ma ricordiamoci che questa non è una partita importante per il solo Veneto, ma per tutta Italia».
Un discorso ampio, che coinvolge anche l’alta velocità, come ha ricordato l’imprenditore Francesco Peghin, di Fondazione Nord Est: «La Pedemontana e la Tav sono infrastrutture necessarie, che vanno completate, nel rispetto dell’ambiente ma senza incertezze, se non si vuole restare tagliati fuori dai flussi commerciali internazionali. Questa è un’area di grandi imprese e attività, e proprio loro stanno assicurando la prima, timida ripresa. È proprio quel “modello Veneto” a rappresentare il motore dello sviluppo, se speriamo di recuperare i posti di lavoro perduti durante la crisi non possiamo arrestarlo ora».
Anche la sfida delle Olimpiadi non è da sottovalutare, almeno nelle parole di Barbara Carron, dell’omonimo gruppo: «Torino si stava spegnendo, è rinata dopo il 2006, dopo i Giochi invernali, e ancora oggi i cittadini ricordano con nostalgia quel periodo. Qui abbiamo la possibilità di avere una spinta simile, sarebbe un peccato sprecarla, le ricadute positive sarebbero enormi, basti pensare all’indotto turistico, alle opere da realizzare. Certo bisogna vigilare per non ripetere gli errori del passato, come il Mose, ma fermarsi sarebbe tragico. Il ritardo della Pedemontana ha già fatto chiudere tante aziende. Io quando vedo i cantieri sono felice, anche se non sono i nostri». Non è ottimista Vincenzo Marinese, presidente di Confindustria Venezia e Rovigo: «Abbiamo perso per ragioni oscure il nucleare, se il buon giorno si vede dal mattino perderemo anche le Olimpiadi. Le infrastrutture poi sono centrali, e non solo quelle di cui si discute: la Romea va messa in sicurezza da troppo tempo, ma nessuno ne parla mai». Anche Paul Klotz, presidente di Despar Italia, pone l’accento sugli altri progetti attesi dal territorio: «Noi siamo organizzati in base alle strade che ci sono e muovendoci di notte ci risparmiamo molti problemi. Certo che la Pedemontana sarebbe un miglioramento, ma altrettanto fondamentale è la terza corsia da San Donà di Piave al Friuli: anche lì, tra incidenti e traffico, la viabilità è sempre in sofferenza».
«I Cinquestelle hanno poca esperienza di governo locale, nessuna a livello regionale ha commentato il sottosegretario all’Economia Massimo Bitonci - Da quando si è insediato l’esecutivo si sono già ammorbiditi, perché una cosa sono i programmi elettorali, un’altra l’agenda di governo. Sono sicuro che non appena capiranno l’importanza di una politica keynesiana che spinga su investimenti e consumi, che si sviluppi attraverso le infrastrutture grandi e piccole, anche loro cambieranno idea».