L’addio di Cunego «In un ciclismo senza doping avrei vinto di più»
Cunego, 36 anni e oltre 50 vittorie, saluta al campionato italiano di Darfo Boario. «Gioie e dolori della carriera E senza il doping (degli altri) avrei vinto ancora di più»
«La gioia più bella? Aver sempre mantenuto credibilità come corridore e uomo in un’epoca difficile... perché se tutti i miei avversari avessero corso regolarmente avrei vinto ancora di più»». Il Piccolo Principe ha scelto Darfo Boario e il campionato italiano per l’atto finale. Oggi Cunego salirà e scenderà dalla bici per l’ultima volta.
L’ultima corsa. «Eh prima o poi doveva succedere...». Damiano Cunego si concede essenziale fatalismo per il gran congedo. Non c’è malinconia, traccia di rimpianto, sussulto emozionale. «Sono sereno. Ero preparato da tempo a questo momento. La vigilia scorre come tutte le altre. Magari, ecco, domani (oggi, ndr) forse un po’ di emozione ci sarà...». Il Piccolo Principe ha scelto Darfo Boario e il campionato italiano per l’atto finale. Oggi Cunego salirà e scenderà dalla bici per l’ultima volta, chiudendo una carriera lunga 16 anni e oltre 50 corse vinte, tra cui Giro d’Italia 2004, tre Giri di Lombardia (2004, 2007, 2008), un Amstel Gold Race (2008), la maglia bianca 2006 come miglior giovane del Tour e due tappe alla Vuelta 2009. Nel mezzo piazzamenti di peso: i secondi posti al Mondiale 2008 e all’Alpe d’Huez nel Tour 2006, il terzo posto alla Freccia Vallone 2008 e il sesto in generale al Tour 2011. «Mi guardo indietro e sono contento. Sognavo di diventare professionista e dal 2004 al 2011 sono stato tra i primi dieci corridori al mondo...».
Eppure si dice che avrebbe potuto fare ancora di più...
«Paradossalmente pago l’exploit del 2004, quando vinsi Giro e Lombardia. A soli 22 anni ero sul tetto del mondo».
Si scriveva: «Cunego è il nuovo Pantani»...
«Quell’anno Marco ci aveva lasciato e io vincevo in salita. I paragoni si sprecavano, io lasciavo fare, ma non ci ho mai dato peso. Nella mia testa sapevo che non sarebbe stato così ogni anno. E sapevo di non essere Pantani. Mi rendevo conto invece che le pressioni, anche mediatiche, da lì in poi sarebbero state altissime e che non sarebbe stato affatto semplice gestirle».
È vero che non era amato in gruppo?
«Quando sei giovane e vinci attiri invidie. Ero molto invidiato e non sono mai stato un ruffiano, anzi. Sono simpatico, ma anche schietto e concreto, magari questo non piaceva a tutti...».
Simoni s’incazzò moltissimo con lei per quel Giro...
«Lo capii. Le pressioni su di lui erano altissime. Anni dopo abbiamo fatto pace e oggi c’è un ottimo rapporto».
La gioia più bella?
«La vittoria a Falzes in quel Giro. Poi aver sempre mantenuto credibilità come corridore e uomo in un’epoca difficile...».
Si riferisce al doping?
«È sotto gli occhi di tutti quanto è accaduto. Se tutti i miei avversari avessero corso regolarmente avrei vinto ancora di più. Per quanto mi riguarda sono fiero della mia onestà e trasparenza».
Il suo rimpianto?
«Il secondo posto all’Alpe d’Huez».
Più del mondiale?
«Sì. Il Tour se lo ricordano tutti anche dopo anni e l’Alpe d’Huez è leggendaria».
Si diceva che lei era più da Tour che da Giro...
«Mi suggerivano anche di concentrarmi sulle classiche e lasciar perdere i grandi giri. Invece rifarei tutto. Il Tour? Con salite più lunghe era adatto a me, ma ci sono sempre state troppe cronometro per provare a vincerlo».
Il compagno di sempre?
«Leonardo Bertagnolli. Un amico. La sua vicenda la conosciamo (squalificato per doping, ndr), ma ha sempre parlato bene di me».
Il dolore?
«La morte di Michele Scarponi. Siamo stati compagni di squadra fin da ragazzini. Tre mesi prima che morisse (22
aprile ‘17, ndr) mi fratturai la clavicola e mi chiamò per rincuorarmi».
C’è un nuovo Cunego all’orizzonte?
«No e non lo dico per tirarmela. Anche se c’è una buona qualità in giro. Formolo, per dire, è bravo. Può crederci, ma deve lavorare».
Cosa farà da domani?
«Aprirò un’attività a Lugano. Una palestra di alta qualità per imprenditori e anche amatori che vogliono andare in bici. Seguirò la preparazione atletica. Ma resto a vivere a Verona. Poi fino al 2019 rimango qui alla Nippo per gli eventi con gli sponsor».
Il mondo dello spettacolo?
«Sono uno riservato, ma se dovessero chiedermelo...».
Lei in questi anni era uno dei corridori con più tifosi...
«Credo conti la mia disponibilità. Molti campioni si negano. Io non ho mai detto no a una foto».
Cosa vuole dir loro ora che smette?
«Che ci saranno ancora molte occasioni per vedersi».