Morfina al neonato, ospedale nel mirino
Policlinico, martedì in aula l’infermiera arrestata. Ma ora rischia anche l’Azienda
Avrebbe provocato VERONA un’overdose di morfina a un neonato «rognoso». Senza che nessuno le desse ordini o autorizzazioni, un’insospettabile infermiera in servizio al reparto Neonatale di Borgo Roma, gli avrebbe somministrato la «sostanza venefica» con un dosaggio idoneo a mettere a rischio la sopravvivenza del piccolo. Un’accusa tremenda, di cui martedì risponderà in aula Federica Vecchini, 44anni, di Nogara. Ma rischia guai anche l’ospedale.
Pur di «tenerlo buono» avrebbe provocato un’overdose di morfina a un neonato venuto da qualche giorno al mondo al Policlinico. Senza che nessuno le desse ordini o autorizzazioni a farlo, un’insospettabile infermiera in servizio al reparto Neonatale di Borgo Roma, gli avrebbe somministrato la «sostanza venefica» con un dosaggio idoneo a mettere a rischio la sopravvivenza del piccolo. Un’accusa tremenda, che il 4 agosto 2017 ha fatto finire in cella Federica Vecchini, 44anni, di Nogara.
Descritta da colleghi e pazienti come «infermiera eccellente», a distanza di 11 mesi si trova ancora ai domiciliari presso una comunità e martedì mattina, davanti al giudice per l’udienza preliminare Laura Donati, assistita dai difensori Massimo Martini e Guariente Guarenti, dovrà rispondere di lesioni aggravate e cessione di sostanze stupefacenti. Una doppia contestazione, quella ipotizzata dal pm Elvira Vitulli, di fronte a cui la 44enne di Nogara continua dal giorno dell’arresto a professarsi innocente. Al contrario, la procura insiste nel contestare unicamente a lei l’agghiacciante sospetto di aver somministrato della morfina a un neonato particolarmente «rognoso». E mentre la misura cautelare sta per scadere, dopodomani spetterà al gup decidere se l’infermiera dovrà venire o meno sottoposta a processo, fatte salve eventuali richieste (da parte della difesa) di riti alternativi quali patteggiamento o abbreviato. Opzioni, le ultime due, al momento altamente improbabili vista la linea di «assoluta estraneità ai fatti contestati» perseguita fin dall’inizio dall’imputata. Quel che è certo fin da ora è che, in aula, si costituiranno parte civile con il legale Michele Fiocco i genitori del piccolo T.: secondo gli inquirenti il neonato, nonostante stesse bene benché lievemente prematuro, la notte del 19 marzo 2017 avrebbe rischiato la vita per aver assunto della morfina e,al termine delle indagini, il pm ha concluso sulla base di una serie di testimonianze e riscontri che la mano incriminata apparterrebbe proprio alla 44enne. «Non sono stata io, la morfina era a disposizione di tutti» ha sempre protestato Vecchini. Parole, quell’imputata, che di fatto estendono il raggio delle possibili responsabilità: a tal proposito, su richiesta dei genitori del piccolo, martedì in aula il Policlinico - e quindi l’Azienda ospedaliera - rischieranno la chiamata in causa nella vicenda per rispondere della Al Policlinico Il terribile episodio risale alla notte del 19 marzo 2017 «responsabilità oggettiva» nell’accaduto. Stando alle leggi vigenti in materia, infatti, il rapporto tra la struttura sanitaria e il paziente viene inquadrato nell’ambito del «contratto di spedalità», o di «assistenza sanitaria». Per la Cassazione, quindi, «la struttura sanitaria risponde sia dei danni conseguenti al proprio inadempimento, sia di quelli cagionati dal fatto illecito del personale di cui si avvale per l’adempimento delle prestazioni sul paziente». Se, come sostiene il pm, l’infermiera ha effettivamente fatto assumere quella «sostanza venefica» al piccolo,rischia quindi di risponderne anche l’ospedale. Ogni decisione, martedì, starà comunque al gup.