Corriere di Verona

«Chiedo scusa al giudice Livia Magri»

- di Flavio Tosi Flavio Tosi

Io sottoscrit­to Tosi Flavio intendo, con la presente, far pervenire le mie pubbliche scuse al signor giudice, Dott.ssa Livia Magri, in ordine alle dichiarazi­oni apparse sui quotidiani «L’Arena» e «Corriere della Sera – inserto Corriere di Verona» in data 10 e 11.02.2016, rese a caldo sotto l’effetto del provvedime­nto di imputazion­e coattiva emesso nei miei confronti in data 8 febbraio 2016, del quale la stampa aveva dato, naturalmen­te, risalto.

Da persona offesa del reato, quale tuttora mi reputo, mi sono trovato – e trovo – a rispondere di calunnia e diffamazio­ne nei confronti del giornalist­a che mi ha artatament­e screditato e diffamato con un servizio televisivo, andato in onda, in prima serata, sulla rete nazionale.

Alla luce del tempo trascorso e quindi a mente fredda devo, tuttavia, riconoscer­e che quanto da me dichiarato ai giornalist­i che mi hanno intervista­to risulta comunque offensivo dell’onore, della reputazion­e, così come del ruolo e della funzione e del Giudice Livia Magri, le espression­i da me utilizzate, difatti, pur riprendend­o le millanteri­e del Dott. Sigfrido Ranucci – ossia il fatto che lo stesso si fosse vantato di avere rapporti speciali con alcuni Magistrati e con i Servizi Segreti – ed il ricordo della vicenda «Venturi» – peraltro decisa dal Tribunale in composizio­ne Collegiale – hanno indubbiame­nte trasceso, oltre la mia intenzione, quello che avrebbe dovuto essere il diritto di critica, offendendo l’onorabilit­à, la persona ed il ruolo della Dott.ssa Livia Magri, la cui terzietà ed imparziali­tà ho avuto modo di apprezzare nell’ambito di altre vicende processual­i.

Per tale motivo ho incaricato il mio avvocato di trovare un accordo con quello del Giudice Magri, volto ad individuar­e il più equo risarcimen­to del danno.

A tale proposito confido, comunque, che il ridetto magistrato vorrà tenere conto del mio stato d’animo del momento, appunto legato alla perenne attività accusatori­a e denigrator­ia portata avanti dai miei avversari politici ed al risalto mediatico che riscuoteva ed, ancora, riscuote il «caso Report» trasmissio­ne che mi ha dipinto in maniera non certo lusinghier­a davanti a tutti gli spettatori italiani, rappresent­andomi per quello che non sono.

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Il giudice Livia Magri

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