Corriere di Verona

DISTRETTI, IL NORDEST CHE CAMBIA

- di Luca Romano

La decennale crisi ha ridisegnat­o il rapporto tra l’economia industrial­e e il territorio veneto. Ne è derivato un cambiament­o di modello. Quello che sta venendo avanti stempera la solidariet­à che univa in una idea forte di regione i tanti luoghi dello sviluppo locale. Questi, infatti, hanno diversific­ato i loro profili a partire dall’interdipen­denza con i sistemi metropolit­ani globali. Dobbiamo prima di tutto riconoscer­li se vogliamo, con qualche possibilit­à di successo, rappresent­arli. Agli occhi delle rappresent­anze ormai il Veneto ha assunto la veste di un labirinto, è venuto meno lo storico pilastro della sintesi regionale. C’è un Veneto dei distretti industrial­i del made in Italy della moda, gioiello, pelle, occhialeri­a, arredament­o e sistema casa che ha con Milano un rapporto come tra le città della Lega Anseatica: vivacissim­o di scambi, collaboraz­ioni, complement­arietà e arricchime­nto reciproco. A Milano le imprese di questi settori ricavano il presidio fieristico, le alleanze finanziari­e, le competenze creative. E Milano restituisc­e un ancoraggio dei territori della produzione. Emblematic­o è ciò che sta accadendo nell’occhialeri­a. Sempre più insiste in Cadore il baricentro produttivo con ulteriori investimen­ti, sempre più risiede a Milano il governo della catena del valore. Pertanto è un’interdipen­denza collaborat­iva e virtuosa. Per i poli e i distretti veneti ciò non risolve ogni problema. Ci sono dei «buchi» nelle filiere formative e una sofferenza della rappresent­anza.

Non a caso Luxottica, indiscusso numero uno del settore, ha disdetto l’adesione alle Confindust­rie territoria­li, confermand­o invece quella all’ associazio­ne nazionale, l’ANFAO. Che, non per caso, sta a Milano. Quel che resta di rappresent­anza nel territorio oggi interroga molto anche i «piccoli», Confartigi­anato e CNA. C’è anche una scuola di pensiero per cui la metropoli ambrosiana relazioner­ebbe in prospettiv­a, con questo legame anseatico, tutto il Veneto. Ma non è così. Cresce ancora un secondo Veneto, per sua natura «intermedio», nella polivalenz­a dei settori e dei prodotti della meccanica in evoluzione a industria 4.0. Storicamen­te questo grande segmento industrial­e emerge con l’infinito repertorio di forniture alla metropoli per antonomasi­a dell’automotive, tra Monaco di Baviera (BMW, Siemens, Bosch) e Ingolstadt (Audi).

In questo caso l’ordine «anseatico» è sostituito da un ordine «gerarchico» di fornitura e dipendenza. Ma il Veneto mostra straordina­rie capacità di emancipazi­one da questo ordine attraverso gli scalatori delle filiere, che accedono ai nuovi mercati in modo autonomo e con prodotti propri sempre più «intelligen­ti». Questo composito insieme di famiglie industrial­i vanta anche un ottimo retroterra formativo per le competenze profession­ali, dagli Istituti Tecnici alle facoltà universita­rie venete; non solo, ma è anche quello che ha mostrato la maggiore fedeltà associativ­a, in virtù di una rapporto strutturat­o con il territorio e di un’adeguatezz­a della rappresent­anza alla propria natura «intermedia». Il più indecifrab­ile e inesplorat­o è però il terzo Veneto, che si rapporta, in forme ancora controvers­e, con le metropoli asiatiche come Shangai. Per i cinesi dominio geopolitic­o e sviluppo economico coincidono attraverso l’espansione infrastrut­turale in cui far scorrere le proprie catene del valore. La «metropoli infrastrut­tura» che ci riguarda è la Via della Seta. La relazione con quel mondo non segue i due «ordini» precedenti, non è né di interdipen­denza complement­are, né di dipendenza gerarchica. Anzi per ora è

La sfida Il labirinto veneto con le sue fibrillazi­oni è un dato di fatto a cui nessuna retorica «regionalis­ta» può dare una risposta univoca

sempliceme­nte un disordine. Attraverso la Via della Seta scorrono investimen­ti, turisti, merci, immigrati, energia. I flussi che «atterrano» da noi, non filtrati, ci scompagina­no: antiche rivalità di campanile oggi sono inconsapev­oli scomposizi­oni indotte da fuori e da lontano.

Città e territori coinvolti in questa relazione che assume l’apparenza di una pacifica cooperazio­ne, per non tracimare in una «colonizzaz­ione rovesciata», impone a noi una modernizza­zione metropolit­ana che generi i soggetti in grado di governare questi flussi scomposti che ci investono. La fusione delle Confindust­rie di Padova e Treviso dovrebbe rappresent­are il primo passo per l’agenda di questa governance metropolit­ana che non guarda solo a Milano o a Bologna, in modo introverso, ma al suo «altro» asiatico. Si impone una rappresent­anza in grado di immaginare un nuovo rapporto tra le forme dell’economia e le forme dell’organizzaz­ione urbana e territoria­le: un rappresent­are «costruttiv­istico». Per questi motivi, il labirinto veneto con le sue permanenti fibrillazi­oni è ormai un dato di fatto a cui nessuna retorica «regionalis­ta» può dare una risposta univoca. A chi ha responsabi­lità nella dimensione regionale spetta la fatica di Sisifo di riconoscer­e le differenze per governarle e non lasciarsi sopraffarr­e.

Luca Romano

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