«Il decreto Di Maio è punitivo»
Assindustria Venetocentro: boomerang per l’occupazione. Zoppas: farà chiudere le aziende
Decreto dignità, con la stretta sui contratti a tempo determinato e la reintroduzione delle causali, rischia di essere un boomerang per i lavoratori e per le imprese». Il mondo economico veneto insorge contro la riforma annunciata da Di Maio. I primi ad attaccare gli industriali di Veneto Centro. Matteo Zoppas, leader di Confindustria regionale, rincara: «Costretti a chiudere le aziende». Confartigianato: «Governo ostile alle imprese». Ma Cgil difende il decreto.
Luigi Di Maio presenta il «Decreto dignità» e sul mercato del lavoro, nel mondo economico veneto, è una levata di scudi. Con poche eccezioni, fra cui gli agricoltori speranzosi del ritorno ai voucher vecchia maniera, i datori di lavoro convergono sulle potenziali conseguenze negative dalle modifiche dei contratti a termine e di somministrazione. Se dal 2015 il Jobs Act, tra incentivi e tutele crescenti, aveva sbloccato le assunzioni, oggi la destrutturazione di quelle misure, dichiarata dal ministro del lavoro, allarma. Letti come passi indietro la riduzione della durata massima dei contratti a tempo determinato da 36 a 24 mesi, la reintroduzione delle causali dal primo rinnovo in poi, la diminuzione da 5 a 4 delle proroghe e l’aumento, ogni volta, del costo contributivo dello 0,5%. Collegati, gli altri limiti per gli impieghi in somministrazione.
La base di partenza, in Veneto, sono i numeri. I contratti a tempo determinato nel primo trimestre 2018, secondo l’agenzia regionale Veneto Lavoro, sono stati 123 mila, in crescita dai 107 mila del 2017 e i 93 mila dell’anno precedente. In aumento anche i somministrati, 61 mila fra gennaio e marzo 2018. Cosa succederebbe con il limite massimo ai tempi determinati a 24 mesi dai 36 attuali? Tutto sommato poco, se è vero che 57 mila rapporti hanno una durata prevista, alla firma, inferiore ai 6 mesi, 34 mila fra i 6 e i 12 e solo 1.200 superano l’anno. Vero che esistono i rinnovi. Ma fra i 70 mila che nel primo trimestre 2018 hanno avuto una proroga, per 37 mila è stata la prima volta, per 17 mila della seconda; il resto è poca cosa.
E tuttavia le critiche sono dure. «La stretta sui tempi indeterminati e la reintroduzione delle causali rischia di essere un boomerang per imprese e lavoratori, specie i più giovani sostiene Massimo Finco, presidente di Assindustria Venetocentro. Col rischio di azzerare la tendenza virtuosa della crescita delle assunzioni indeterminate per le trasformazioni dal tempo determinato». Insomma, per la Confindustria di Padova e Treviso la caccia ai comportamenti illeciti «non può colpire l’obiettivo sbagliato, andando a bloccare chi opera nella legalità». E Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto: «Solo questione di tempo e un numero enorme di aziende in bilico si troverà un cappio al collo. Mentre vuole difendere il lavoro, il decreto indirettamente crea i presupposti che porteranno molte aziende a chiudere». «Se non si crede che gli imprenditori siano persone oneste, – gli fa eco Vincenzo Marinese, leader di Venezia - meglio dirlo in maniera chiara».
«Provvedimento molto ideologico con poca sostanza. Registriamo un pregiudizio verso le imprese - aggiunge sul fronte di Confartigianato il leader regionale Agostino Bonomo -. Ci aspettavamo incentivi per il lavoro e ci troviamo nuove complicazioni e il rischio di mag-
giori costi. E anche sulla delocalizzazione temo un provvedimento dopo che i buoi hanno lasciato il recinto. Nella moda, solo in Veneto abbiamo dimezzato le imprese, passate da 15 mila a seimila e perduto 50 mila posti di lavoro. Puntiamo piuttosto su reshoring e investimenti stranieri per la filiera di fornitori che ancora abbiamo nel manifatturiero. O mettiamo lo Stato al fianco dei contoterzisti per combattere la nuova ‘guerra’ verso chi vorrebbe realizzate le loro creazioni qui da noi allo stesso costo del Bangladesh. Senza contare i laboratori clandestini che producono ignorando qualsiasi regola e tutela del lavoro».
Non nasconde il proprio scoramento anche Marco Michielli, presidente di Confturismo Veneto: «Mi dichiaro impotente, visto che al governo non capiscono che esistono aree del mondo del lavoro che non possono fare a meno dei contratti a termine. Che facciamo per alberghi, campeggi, bar e pubblici esercizi in zone a marcata stagionalità? Non ci vengano più a dire che il turismo è il petrolio d’Italia».
Di Maio, in serata, forse percependo il brusio avverso, parla di manovre concilianti per ridurre il costo del lavoro. Ma l’argomento non convince ad esempio Stefano Danieli, della Commissione lavoro dei commercialisti del Triveneto, secondo cui il ministro mette sullo stesso piano i «riders», privi di tutele, con un sistema ben più strutturato anche in termini di protezioni, per quanto precario, nei rapporti di lavoro: «È tornare indietro, rompere un equilibrio che si era creato fra le parti sociali che produrrà, come conseguenza, una lievitazione dell’occupazione sommersa». A dirsi «sconcertato da tanta superficialità» è poi Luigi Sposato, presidente dell’agenzia interinale Eurointerim, e questo a cominciare dal fatto che è un errore considerare allo stesso modo il lavoro a tempo determinato e quello somministrato. «E per fortuna che è stato tolto il limite per le aziende del 20% dei dipendenti in somministrazione». Con l’introduzione di un rischio collaterale. Meno somministrazioni uguale meno lavoro anche per le agenzie interinali: «In Italia ci sono 10 mila operatori che inizieranno per questo a scivolare nel precariato».