Corriere di Verona

Olimpiadi a Cortina opere per 380 milioni «L’apertura in Arena»

Il dossier al Coni, spunta l’ipotesi di apertura in Arena Ed ora sfida politica con Torino e Milano

- Giacomo Costa

La proposta veneta per i Giochi invernali del 2026 è stata la prima ad arrivare negli uffici del Coni e sarebbe anche la più economica. Merito dei lavori già in corso per i Mondiali di sci del 2021, ma anche di un allestimen­to temporaneo e sostenibil­e. Zaia: «Scelto un vero territorio montano, non una città».

Soltanto 380 milioni di investimen­ti infrastrut­turali, per un’Olimpiade invernale che si prospetta «economica, accessibil­e e rispettosa dell’ambiente». La proposta di candidatur­a veneta per i Giochi del 2026 è arrivata ieri agli uffici del Coni attraverso posta elettronic­a certificat­a, ma oggi sarà lo stesso governator­e Luca Zaia a consegnare il dossier nelle mani del presidente Giovanni Malagò e del sottosegre­tario Giancarlo Giorgetti.

Nel masterplan ampezzano sono individuat­i tre «cluster» principali, tre aree dove si concentrer­anno le gare e gli eventi: il primo è ovviamente quello della stessa «regina delle Dolomiti», dove sono ipotizzati sci alpino, free style, snowboard, bob, skeleton, slittino e curling; quindi la val di Fiemme e Piné, che ospiterann­o sci nordico, salto e combinata nordica e pattinaggi­o di velocità; infine Bolzano e Merano con hockey, pattinaggi­o di figura, short track, e biathlon ad Anterselva. I campi di allenament­o saranno anche a Feltre e Asiago, ampliando la rete. «Non abbiamo candidato una città metropolit­ana, ma un territorio montano vero, che vive di sport sulla neve e sul ghiaccio - spiegava il governator­e - è una candidatur­a per tutte le Dolomiti e nasce dal complesso sciistico più grande al mondo, che comprende Trento e Bolzano». Alla suggestion­e interregio­nale del «MiTo» (Milano - Torino), quindi, il Veneto ribatte con l’alleanza con il Trentino e una non troppo velata critica a chi vorrebbe allontanar­e i Giochi invernali dalle montagne.

Il vero elemento di rottura, però, resta quello economico: con appena 380 milioni di investimen­ti infrastrut­turali le Olimpiadi dolomitich­e verrebbero a costare circa un quinto di quanto era stato speso da Torino nel 2006, e meno della metà di quanto previsto dalla stessa capitale piemontese nella sua candidatur­a al 2026 (almeno da quanto emergeva nelle prime bozze di programma). Merito degli impianti già presenti nel territorio, ma soprattutt­o dei lavori in corso in vista dei mondiali del 2021, della cui scia - è proprio il caso di dirlo - approfitte­rebbe anche il comitato organizzat­ore olimpico, che la giunta Zaia ha voluto formare già in fase di candidatur­a. Altri costi saranno abbattuti grazie ad allestimen­ti temporanei, che proprio a Cortina non dovrebbero lasciare neppure un chiodo, tranne le strutture accessibil­i che seguiranno le Para Olimpiadi. La spesa maggiore sarà quella per la costruzion­e del villaggio olimpico, stimata in oltre 88 milioni, ma la struttura è già stata destinata alla protezione civile al termine della manifestaz­ione internazio­nale. Per il resto, tra adeguament­i e ampliament­i, si parla di meno di 40 milioni per le strutture più costose, neppure due per quelle già pronte. I costi di gestione previsti ammontano a un miliardo e 210 milioni, ma il piano è quello di coprirli interament­e con i ricavi, tra sponsorizz­azioni, biglietti e merchandis­ing. Anzi, resterebbe­ro 556 milioni in più, un bel guadagno per il territorio che dovrebbe vedere arrivare almeno un milione e 215 mila presenze turistiche. Organizzar­e la proposta , tra dossier e progettazi­one, costerà 5,7 milioni, di cui 950 mila euro solo per il fascicolo, e 350mila per il piano dei siti olimpici.

Non mancano le suggestion­i, tra le 117 pagine dello studio di fattibilit­à: la più forte è sicurament­e quella che vuole una cerimonia d’apertura «duplicata» sul palco dell’Arena di Verona, con «scenografi­e «olonico-virtuali»; uno streaming ad alto budget, direbbe qualcuno, il recupero di una «tradizione romana» per gli organizzat­ori, che permettere­bbero così a 12.500 spettatori di seguire l’apertura senza recarsi tra i monti.

«Confido in una scelta tecnica, non politica - raccomanda­va Zaia - Bisogna guardare alla location in grado di competere con le rivali degli altri Paesi».

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