Morfina, l’infermiera torna in libertà
Cade il reato di somministrazione di droga, Vecchini a giudizio per lesioni al neonato
«Finalmente posso riabbracciare i miei figli e stare di nuovo tutto il tempo con loro». In tribunale lei non c’era, ma al telefono, quando i suoi legali le hanno dato la notizia, Federica Vecchini non ha potuto trattenere la commozione.È tornata in libertà con un mese d’anticipo l’infermiera arrestata la scorsa estate per l’agghiacciante sospetto di aver somministrato della morfina a un neonato: per lei, è caduto il reato connesso alla cessione di droga.
«Finalmente posso riabbracciare i miei figli e stare di nuovo tutto il tempo insieme a loro». In tribunale lei non c’era, ma al telefono, quando i suoi legali le hanno dato la notizia, Federica Vecchini non ha potuto trattenere la commozione.
È tornata in libertà con un mese d’anticipo l’infermiera arrestata la scorsa estate per l’agghiacciante sospetto di aver somministrato della morfina a un neonato: per la donna, 44 anni, di Nogara, i termini della misura cautelare che la obbligavano ai domiciliari sarebbero scaduti il primo giorno di agosto. Ma ieri, all’udienza preliminare, accogliendo la richiesta dei difensori Massimo Martini e Guariente Guarienti, il giudice Laura Donati ha revocato con effetto immediato gli arresti che fino a 24 ore prima stava ancora scontando l’infermiera. Per rimettere quest’ultima in libertà si è rivelato decisivo il «depennamento» di uno dei due reati di cui risultava imputata, quello cioè di «aver somministrato sostanze stupefacenti» al neonato «in assenza di prescrizioni mediche e necessità terapeutiche», con l’aggravante «di aver commesso questo reato per eseguirne un altro» ovvero le lesioni gravi ai danni del piccolo. Una seconda contestazione accusatoria, quella delle lesioni, per cui è stata invece rinviata a giudizio. Con il duplice dispositivo scandito ieri, quindi, il gup da un lato ha pronunciato per Vecchini il «non luogo a procedere» per il reato di somministrazione di droga, dall’altro lato l’ha rinviata a processo per rispondere di lesioni gravi, con la duplice aggravante di aver «commesso il fatto mettendo in pericolo la vita» del piccolo T. e «col mezzo di sostanze venefiche». C’è un’altra novità emersa ieri in aula: oltre ai genitori del bimbo, tra le parti civili si sono inseriti anche i nonni del piccolo e, a tutelare l’intera famiglia, sono gli avvocati Stefano Poli, Michele Fiocco e Christian Galletta. In udienza, il pm Elvira Vitulli si è opposta al proscioglimento dell’infermiera dalla somministrazione di stupefacenti sostenendo che l’«elencazione delle condotte illecite contenute all’articolo 73 (sulla cessione di stupefacenti, ndr) sia puramente esemplificativa»; chiamando in causa la giurisprudenza, al contrario, la difesa ha insistito sul fatto che l’accusa mossa alla Vecchini «non può essere inclusa tra le condotte illecite previste dall’articolo 73». Dal gup, infine, la conclusione che «non è prevista come autonoma ipotesi di reato». Stando alla procura, invece, la responsabilità di ambedue i reati andava ricondotta proprio all’infermiera che avrebbe somministrato al piccolo T. la morfina provocandogli un’overdose con arresto respiratorio. In particolare, si ricostruiva nell’istanza di rinvio a giudizio, Vecchini «in qualità di infermiera in servizio presso il reparto di Terapia Intensiva Neonatale dell’Azienda Ospedaliera di Verona somministrava al neonato (ricoverato in osservazione presso il suddetto reparto in quanto lievemente prematuro) della morfina cloridrato provocandogli volontariamente un’overdose con conseguente arresto respiratorio che rendeva necessarie manovre di rianimazione ed intubazione di emergenza, crisi risolta solo grazie alla somministrazione di naloxone, farmaco salvavita antagonista degli oppiacei». Se ne riparlerà al processo, che Vecchini subirà da donna libera.