Corriere di Verona

Dalle Dolomiti al Prosecco il Veneto e la partita Unesco «In montagna? Ha portato più turismo internazio­nale»

- di Francesco Chiamulera

«Da quando siamo sito Unesco le cose sono cambiate. Lo capisco quando entro in un rifugio. Me lo dicono i gestori: i turisti sono diversi, la fruizione è più internazio­nale». Il barometro, fatto di sensazioni e di testimonia­nze prima che di freddi numeri, è quello di Marcella Morandini, direttrice della Fondazione Dolomiti Unesco.

Mentre sui colli del Prosecco la battaglia per l’aggiudicaz­ione dell’ambito titolo di «Patrimonio Mondiale» dell’organizzaz­ione delle Nazioni Unite per la cultura è rinviata (ma solo rinviata), le montagne che dal 2009 sono nella World Heritage List già godono di quello che si può chiamare effetto-Unesco. In termini di presenze ma soprattutt­o, è il caso di dirlo, di qualità del turismo. Un salto di livello che sempre più aree desiderano fare, ma che è sempre più difficile da ottenere, come dimostra il caso dell’area del Prosecco: che vorrebbe aggiungers­i alla lista dei sette siti già inseriti in lista a livello regionale, ma che ha visto rimandata all’anno prossimo la candidatur­a. «E la ragione è semplice spiegano nel comitato italiano Unesco - in passato venivano inseriti anche cinque, sei, sette siti all’anno per ciascuna nazione. Nel 1997 addirittur­a se ne aggiunsero dieci. Ma con il tempo si è ridotto il numero di siti che ogni paese può iscrivere. Adesso una nazione può esprimere una sola candidatur­a all’anno». Dei 54 patrimoni italiani, i sette veneti sono Venezia e la sua Laguna, l’Orto Botanico di Padova, la città di Vicenza e le ville palladiane del Veneto, la città di Verona, le Dolomiti appunto, e poi ancora i siti palafittic­oli preistoric­i dell’arco alpino e le opere di difesa veneziane tra il XV ed il XVII secolo. E qui dobbiamo affiancare alla lista ufficiale quella che il gergo Unesco chiama la

tentative list: il limbo dei quasi-patrimoni, quelli che aspettano di essere giudicati ma che ci sperano fortissima­mente. In Veneto, oltre ai colli del Prosecco, ci sono gli affreschi patavini di Giotto, Padova urbs picta, in attesa di selezione per l’anno a venire. E che ora rischiano seriamente di essere scavalcati, almeno di un anno.

La Regione, da Zaia in giù, tiene tantissimo alla battaglia del Prosecco. E non intende perdere tempo. «È stato solo un rinvio a breve», nota l’assessore alla Cultura Cristiano Corazzari, che il fine settimana l’ha passato in Bahrein a fare lobby per la candidatur­a. «Per noi già questo è un primo importante risultato, se si conta che abbiamo ribaltato un giudizio originaria­mente negativo sul dossier, che era stato presentato in prima battuta nel 2010 e che era stato inizialmen­te accolto in modo molto diverso. Adesso faremo le modifiche che ci vengono chieste e porteremo avanti la pratica con rapidità. La decisione su quali siti candidare spetta ai ministri degli Esteri e della Cultura, noi ci crediamo molto. E siamo fiduciosi».

Ma il ritorno economico e di prestigio, per i territori Unesco, a quanto ammonta? Fuori di regione, per esempio nelle Langhe e Monferrato l’organizzaz­ione ha calcolato un’impennata tra il 15 e il 20% delle presenze. «Noi non abbiamo ancora dati definitivi. Nel 2013 abbiamo commission­ato uno studio, ora attendiamo qualche anno per una seconda rilevazion­e, a scopo comparativ­o dice Morandini - Ma mi baso sul riscontro unanime degli operatori dei rifugi, che sono entusiasti. È il mio mantra». D’altra parte, un dato unitario è difficile da ottenere. «Il panorama dei siti è talmente variegato che direi che il valore del riconoscim­ento è quello che tu ne fai. Dipende da te. La sfida comincia dopo che hai ottenuto l’inseriment­o e riguarda come riesci a cambiare il modo di guardare il territorio».

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Marcella Morandini

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