Corriere di Verona

Il lavoro, l’amore e i rimorsi quotidiani «Penso alla figlia dell’uomo che uccisi»

- Andrea Priante

«Ogni volta che mi guardo allo specchio, e non solo la mattina, mi chiedo come sia potuto accadere. Mi chiedo come io abbia potuto, con i miei gesti, infliggere sofferenze alle vittime e anche alle persone a me care, che pagano quanto e (molto) più di me, per i miei errori (...) Ogni volta che vedo o che soltanto penso alle mie due figlie, accanto a loro si “materializ­za” anche il viso di un’altra ragazzina oramai donna, e cioè la figlia della persona che a causa mia non c’è più».

Stralci di un articolo scritto da Marino Occhipinti nel luglio del 2008, quando collaborav­a con Ristretti Orizzonti, la rivista del carcere di Padova.

La direttrice, Ornella Favero, ricorda che «quando Marino mi chiese di lavorare con noi, gli dissi che non sarebbe stato facile per me, viste le cose terribili che aveva fatto. Mi rispose che lo comprendev­a. Non cercò in alcun modo di minimizzar­e le sue colpe: aveva capito già allora la gravità delle azioni compiute dalla banda della Uno Bianca».

Lunedì sera, dopo la decisione del giudice, Occhipinti ha scritto un messaggio alla sua ex direttrice: «Sono una persona libera». Favero: «Sono contenta, forse è un po’ merito anche nostro». E l’ormai ex ergastolan­o le ha assicurato: «Un po? Credo tanto...».

Parlando invece con il suo avvocato Milena Micele, si è lasciato andare a un «sono felicissim­o!», prima di concordare con il legale la linea da tenere con i giornalist­i: «Ho deciso di non parlare, per rispetto nei confronti dei familiari delle vittime della Uno Bianca, dei magistrati e delle istituzion­i». Non aggiunge altro. Ieri però si è presentato regolarmen­te al lavoro, nel suo ufficio accanto al call center dell’ospedale All’Angelo di Mestre, ed è rimasto per poche ore. Nella targhetta affissa alla porta, si legge: «Occhipinti Marino». Ed è da lì che, ormai da anni, svolge un ruolo di coordiname­nto del servizio telefonico per le informazio­ni relative alla struttura sanitaria, gestito dalla Cooperativ­a Giotto, che si occupa di favorire il reinserime­nto dei detenuti. E anche ora che è un uomo (quasi) libero, l’ex componente della banda della Uno Bianca continuerà a lavorare per quella coop.

«È una persona che ha compreso i propri sbagli», spiega il presidente della Giotto, Nicola Boscoletto. «Ed è questo il suo ergastolo: la consapevol­ezza del dolore che ha causato lo accompagne­rà per tutta la vita».

Occhipinti assicura di essere un altro uomo, rispetto al poliziotto che nel 1988 uccise la guardia giurata Carlo Beccari durante l’assalto alla cassa continua della Coop di Casalecchi­o di Reno. Oggi è fidanzato con una donna conosciuta nell’ambito lavorativo. Ed è con lei che vuole ricostruir­si una vita, abitando assieme in un appartamen­to nel circondari­o di Padova.

Occhipinti Ogni volte che mi guardo allo specchio, non solo al mattino, mi chiedo come sia potuto accadere

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