Corriere di Verona

Occhipinti, l’ira dei familiari delle vittime

Uno bianca, critiche ai giudici di Venezia: «Il suo pentimento non è compiuto senza il nostro perdono»

- Andreina Baccaro

L’indignazio­ne incontenib­ile esplode di prima mattina tra i familiari delle vittime della Uno Bianca, appena appresa la notizia della libertà, dopo 24 anni di carcere, concessa dal tribunale di Sorveglian­za di Venezia a Marino Occhipinti.

Il primo a parlare è proprio Luigi Beccari, l’anziano padre di Carlo, guardia giurata di 26 anni ucciso nel 1988 nell’assalto alla cassa continua della Coop di Casalecchi­o proprio da Occhipinti. È anziano e provato, ma trova la forza per dire: «Io gli darei di nuovo l’ergastolo, altro che libertà, deve rimanere in prigione. È solo un assassino che ha ucciso una persona innocente. Tutto questo mi fa molto male».

Piange da ieri mattina anche Veronica, la giovane figlia di Carlo Beccari, che quando le ammazzaron­o il padre aveva tre anni. Ieri è solo riuscita a dire a chi l’ha sentita «mi è mancato il respiro quando l’ho saputo». Veronica è andata via da Bologna ormai da tempo, ed è suo marito Nicola Chieppa a rispondere al suo posto: «Sapevamo che aveva già avuto dei permessi premio ma che la giustizia arrivi a rendere libero un uomo che ha ammazzato e mantenuto il segreto per tanto tempo ci sembra eccessivo. La legge va rivista, mia moglie ha perso la persona più importante della sua vita, non possiamo credere a questo percorso di pentimento».

Anche Rosanna Zecchi, presidente dell’associazio­ne dei familiari delle vittime e moglie di Primo, freddato dalla banda il 6 ottobre 1990 perché stava annotando il loro numero di targa dopo un colpo, chiede che le leggi sulla scarcerazi­one anticipata siano cambiate: «La normativa è obsoleta, va modificata». Lo ha chiesto anche all’ex ministro della Giustizia Andrea Orlando: gli si presentò l’anno scorso a una Festa dell’Unità. «Mi ha detto che dobbiamo rassegnarc­i, hanno diritto ai permessi e prima o poi avranno anche il diritto di uscire. Ma questo è assurdo, in un Paese in cui si fa la guerra ai migranti ma poi si mettono fuori gli ergastolan­i».

Anche il deputato Pd Andrea De Maria sposa un’altra linea rispetto al compagno di partito ed ex Guardasigi­lli e sollecita una riflession­e: «Nella consapevol­ezza del principio costituzio­nale della funzione rieducativ­a della pena, non si può non vedere che siamo di fronte a una sproporzio­ne fra i delitti compiuti da quella banda criminale e il percorso giudiziari­o dei colpevoli». Secondo il parlamenta­re, la Uno Bianca «ha rappresent­ato più che un semplice episodio di criminalit­à ma una occasione di destabiliz­zazione della convivenza civile e delle istituzion­i di Bologna, operata da chi quella convivenza avrebbe dovuto difendere, in un contesto che ha consentito per anni ai responsabi­li di agire indisturba­ti».

A Marino Occhipinti i familiari delle vittime non perdonano che, sebbene sia stato riconosciu­to colpevole di un solo omicidio e quindi condannato a un solo ergastolo, non si sia pentito prima fermando la scia di sangue dei fratelli Savi. «Sapeva cosa facevano – prosegue Rosanna Zecchi – e avrebbe potuto parlare per evitare altri morti».

«È un’indecenza» commenta Anna Maria Stefanini, madre di Otello, carabinier­e ucciso a 22 anni, il 4 gennaio ‘91 nella strage del Pilastro. «Non è da sottovalut­are che se Occhipinti avesse parlato molte persone sarebbero ancora vive, compreso mio figlio». Ma la rabbia esplode anche contro il Tribunale di sorveglian­za di Venezia, che ha firmato il provvedime­nto di scarcerazi­one. «Voglio replicare al giudice che ha scritto che il pentimento è autentico – conclude Stefanini - lo invito a riflettere su come nessun pentimento possa considerar­si compiuto senza il perdono dei familiari delle vittime». Anche Rosanna Zecchi si rivolge ai giudici: «Potevamo essere almeno avvisati».

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Vive a Padova Marino Occhipinti ora abita nel Padovano

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