Zenti «zittisce» il prete gay ma poi lo abbraccia in chiesa
Il vescovo: «Lui ha danneggiato la Diocesi»
Il vescovo e il suo (ex) prete Giuliano Costalunga, sposatosi con un uomo. Separati da quattro file di banchi, il primo sull’altare, il secondo tra quelli che erano i suoi parrocchiani. Voleva parlare, Costalunga, ma non è accaduto. Monsignor Zenti: «Qui non siamo in un tribunale». Una lunga ricostruzione del vescovo che, tra le altre cose, ha rimproverato all’ex religioso «un grave danno di immagine» alla Chiesa. Poi, alla fine, un abbraccio tra i due al centro della chiesa.
Il vescovo e il suo (ex) prete. Separati da quattro file di banchi, il primo sull’altare, il secondo tra quelli che erano i suoi parrocchiani. Ma non è stato un confronto dialettico quello che era stato annunciato come un incontro «per confortare la comunità», per spiegare quello che è successo negli ultimi tre anni. Quel che è certo è che la piccola chiesa dedicata alla Vergine immacolata, a Selva di Progno probabilmente non aveva mai visto così tante persone in una sera di un giorno feriale. Tra di loro, anche Giuliano Costalunga, parroco per circa dieci anni e che ora convive con l’uomo che, proprio nel piccolo comune montano, era stato suo collaboratore. Fino a spostarsi alle Canarie, dove si è sposato ad aprile: «Ho la mia versione da dare le sue parole prima dell’arrivo del vescovo - mi sono comportato correttamente e ora voglio la mia vita privata».
Ma non è accaduto. Monsignor Zenti l’ha messo in chiaro fin da subito: «Qui non siamo in un tribunale, né in una pubblica piazza. Se parlo è perché mi è stato chiesto per il mio ruolo di pastore. Avrei preferito una comunicazione più riservata». Dopo il rosario (dedicato, ma è una coincidenza liturgica, alla preghiera per le vocazioni) ecco quindi la versione, aggiornata e completa, della Curia. Prima di tutto sulla procedura. Il vescovo aveva affermato che Giuliano Costalunga era da considerarsi ancora «don». Il legale dell’ex parroco, di contro ha dimostrato di aver presentato una richiesta di riduzione allo stato laicale già a febbraio. «Un documento che va presentato alla Santa Sede - precisa monsignor Zenti - cosa che non è mai avvenuta: per questo non posso non considerare, anche a livello giuridico, don Giuliano come prete incardinato nella nostra diocesi». Poi ricostruzione di quanto accaduto. «Tre anni fa mi è arrivata la richiesta da parte di don Giuliano di essere spostato dalla parrocchia di Selva a Cellore, suo paese natale, per fare il collaboratore, adducendo motivi di salute, assolutamente fondati dato che sapevamo di una sua malattia. Ma poi si è rivelata prevalere la questione affettiva. Personalmente ho fatto di tutto, quando giravano certe voci sul legame con il suo collaboratore, per fare luce sulla questione, anche per evitare una diffamazione. In mia presenza, don Giuliano ha sempre negato. Dopo il trasferimento, mi sono arrivate lamentele, dagli altri sacerdoti: spesso era irreperibile. Siamo stati costretti a togliergli l’assegno di sostentamento. Solo allora se n’è andato per cambiare vita». Eppure il vescovo riconosce all’ex sacerdote «di aver portato avanti un ministero esemplare a Selva» ma gli rimprovera al tempo stesso «un grave danno di immagine» per quanto accaduto in seguito. Quanto al suo matrimonio con il compagno «non tocca a me giudicare - ha affermato - ma ricordo che la nostra fede trasmessa dalla Bibbia concepisce solo il matrimonio tra uomo e donna». Alla fine l’invito rivolto a Costalunga «di passare per un confronto» e un abbraccio fraterno al centro della navata. La replica dell’ex «don» è solo per i giornalisti: «Nel foglietto parrocchiale c’è scritto che questo sarebbe stato un momento di dialogo, così non è stato. Mi ha fatto male sentire certe parole. Finché ero a Selva ho mantenuto con Paolo un rapporto platonico. La lettera alla Santa Sede? Il codice di diritto canonico parla solo di una comunicazione al vescovo, poi è compito della diocesi».Ieri sera aveva annunciato la sua presenza anche Forza Nuova: fuori dalla chiesa c’erano cinque militanti a volantinare, con un bersaglio chiaro: il vescovo Zenti. Sui fogli c’è una grande foto a colori del prelato con la scritta «Dimettiti». «Troppe bugie
Il diritto canonico dice che basta una lettera al vescovo e questo ho fatto
dalla diocesi e dal suo pastore - sostiene il gruppo di estrema destra - su questa vicenda, come su altre (e fanno il nome di un sacerdote veronese, che qualche anno fa ha fatto una scelta analoga, ndr) la diocesi ha preferito un silenzio colpevole». E don Giuliano? «Non abbiamo nulla da dire sulla sua vicenda umana. Ci limitiamo a pregare per la sua anima».