«Saldi, una tassa per i colossi del web»
I commercianti: concorrenza sleale. Ribassi al via, effetto Mondiali: i russi non ci sono
Sempre più occasione di socialità, sempre meno fattore decisivo per le sorti del commercio. I saldi estivi hanno fatto ieri il loro esordio a Verona, come in quasi tutta Italia, e chiuderanno i battenti il 31 agosto. La caccia all’affare comporterà, secondo le stime nazionali di Confcommercio, un esborso pro capite di 98 euro a persona. «Che nella nostra provincia - aggiunge Paolo Arena, il presidente veronese - arrivano a quota 150 euro circa,per l’effetto turisti».
Secondulfo L’avvio dei ribassi? Ha perso del tutto il significato dell’evento
Sempre più occasione di socialità (vedi alla voce notti bianche) sempre meno fattore decisivo per le sorti del commercio. I saldi estivi hanno fatto ieri il loro esordio a Verona, come in quasi tutta Italia, e chiuderanno i battenti il 31 agosto. La caccia all’affare comporterà, secondo le stime nazionali di Confcommercio, un esborso pro capite di 98 euro a persona. «Che nella nostra provincia - aggiunge Paolo Arena, il presidente veronese - arrivano a quota 150 euro circa, perché noi consideriamo l’effetto aggiuntivo dei turisti». Il valore complessivo dei ribassi in tutta Italia sarebbe pari a 3,5 miliardi. Ma è sempre bene usare il condizionale. «Io ci credo e non ci credo - sospira Paolo Bissoli, presidente di Confesercenti Verona -. La verità è che si accendono i fari mediatici per tre o quattro giorni, poi si torna alla normalità. Che è fatta della chiusura progressiva dei negozi». E riecheggia il ritornello di questi anni: «Visto che i saldi, con tutti gli stratagemmi che ormai sappiamo, sono anticipati in vari modi, è ora che ognuno, nel suo negozio, faccia un po’ quello che vuole».
Liberalizzazione dei prezzi e abolizione dei saldi, dunque. Tema non nuovo. Come non nuovissimo è il Grande Nemico, il commercio on line che già ha semi-divorato il settore dell’elettronica e comunque contribuisce a svuotare di significato l’appuntamento dei saldi, notoriamente legati alla moda e all’abbigliamento. Confcommercio ne ha fatto il tema politico di questi giorni: la richiesta è di introdurre una web tax. Paolo Arena la invoca con forza: «È un tema che riguarda la sostenibilità del Paese. I colossi del commercio on line agiscono in Italia ma pagano le tasse nei loro Paesi d’origine, tasse che magari sono inferiori fino a cinque volte meno». Il vantaggio consente una politica di prezzi molto competitiva «e il risultato è che i nostri negozianti si trasformano in un camerino di prova. La gente viene, prova l’articolo, lo sceglie e poi lo compra a un prezzo ancora più basso sul noto sito on line. È un problema politico - sottolinea Arena - . I colossi aprano sedi di riferimento in Italia, e paghino le tasse qui». Stiamo coltivando «il nemico in casa», visto che tanto per fare un esempio l’anno prossimo la tedesca Zalando aprirà un enorme centro logistico a Nogarole nella Bassa Veronese? «Il problema non è tanto quello, quanto l’impianto di sedi legali e dell’emersione dei ricavi. Amazon capitalizza sulla Borsa americana 900 miliardi di dollari, dubito che abbia difficoltà a pagare qui le stesse tasse che versiamo noi piccoli italiani. La nostra è una grande battaglia di equità e spingeremo forte sul governo. Finora mi sembra abbia vinto la capacità di far lobby da parte di questi soggetti. Si guardi a cosa è successo con Airbnb, sull’altro fronte delle locazioni turistiche: non sta rispettando l’obbligo di versare l’imposta sugli affitti negoziati sul proprio portale in Italia». Secondo Arena, comunque, «i saldi hanno ancora un significato», visto che l’abbigliamento non è l’elettronica. Però, evidenzia Domenico Secondulfo, docente di sociologia all’Università, «hanno perso totalmente i crismi dell’evento. Venti o trent’anni fa rappresentavano l’unica occasione per comprare il capo dei desideri a prezzo tagliato. Oggi, tra ribassi anticipati con le carte fedeltà e concorrenza on line, non hanno più quel significato. Sono un pretesto per uscire, per socializzare». Più che vero business, un rito fiacco.