«De Michelis un patrimonio che resterà»
A Venezia i funerali del fondatore della Marsilio
Dialogo, relazioni, VENEZIA senso del dovere, fedeltà. Sono le parole risuonate più frequentemente ieri pomeriggio nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo. Ai funerali di Cesare De Michelis, scomparso venerdì scorso, il dialogo era davanti ai nostri occhi: la cerimonia è stata officiata, nel Pantheon della Serenissima retto dai domenicani, nel culto valdese metodista. «La vita è collegamento, relazione, con Dio e con gli altri - ha detto la pastora Ilenya Goss nel corso di una liturgia composta e profonda – La morte è il momento in cui queste relazioni vengono spezzate. Ma ci aspetta la resurrezione, cioè una nuova creazione».
Circa 600 persone si sono riunite sotto le navate per l’addio all’editore e italianista, accanto alla moglie Emanuela Bassetti, ai fratelli Marco, Giorgio, Maria Ida e al figlio Luca, amministratore delegato di Marsilio editori. Tra loro il governatore Luca Zaia, il sindaco Luigi Brugnaro, Paolo Baratta, presidente della Biennale, Fortunato Ortombina, sovrintendente della Fenice, Ferruccio de Bortoli, già direttore del Corriere della Sera, l’ex sindaco Paolo Costa, Angelo Tabaro, presidente del Teatro Stabile del Veneto, Giuliano Segre, presidente della Fondazione Venezia 2000, scrittori come Romolo Bugaro, Gianfranco Bettin e Michela Murgia, il regista Andrea Segre, il presidente dell’Associazione italia editori Ricardo Franco Levi, il deputato pd Nicola Pellicani e l’ex ministro Maurizio Sacconi.
Brugnaro ha preferito ricordare «non solo il fine intellettuale ma la persona che si è cimentata con l’impresa, assieme abbiamo risolto tanti piccoli problemi. Da questo uomo di cultura ho imparato una grande lezione: umiltà e coraggio». «Difficile ricordare una persona con la quale si è nato - è stato l’esordio dell’intervento di un emozionato Massimo Cacciari - e successivamente si è attraversati i periodi della nostra vita. Quel “volto”, citando il titolo della prima rivistina, che ha fondato a 15 anni, muta». «Era curioso, attento, aveva sempre voglia di meravigliarsi, di ironizzare e di criticare, nel senso di giudicare e discernere - ha continuato il filosofo ed ex sindaco -. Per questo non sopportava il luogo comune, la banalità».
Cacciari ha ricordato i maestri e l’ambiente culturale dove è cresciuto De Michelis, la Venezia di Vittore Branca e Mario Baratto, di Virgilio Guidi, di Giuseppe Santomaso. Si è soffermato sull’esperienza della Marsilio, casa editrice che è rimasta radicata sul territorio, che non ha mai rinunciato alla ricerca e alle scoperte, senza barriere perché «per Cesare fare l’editore era una professione e non c’è professione senza vocazione. E questo patrimonio continuerà».
Il filosofo ha concluso citando Anzoleto, personaggio di Una delle ultime sere di carnovale dell’amato Goldoni: «Prima di partire per la Moscovia annuncia che farà il suo dovere e lo promette. Ecco Cesare farà il suo dovere dove si trova e non smetterà mai di farlo».
L’economista Francesco Giavazzi ha sottolineato le qualità di Cesare De Michelis: «Le idee, la passione per lavoro ben fatto, il senso degli affari, qualità che hanno permesso a Marsilio di diventare la casa editrice che è. Affinava le sue qualità migliori nelle discussioni, appassionate».
Giuseppe Lupo ha ricordato gli incontri con il suo editore: «Si finiva sempre a parlare di modernità, un tema che lo affascinava. Ogni libro che ha pubblicato è stato un tassello in questa discussione. Penso alla sua casa di Dorsoduro, una sorta di arca dei libri, sembrava che volesse salvarli tutti». «Mi disse che il suo esercizio - ha aggiunto lo scrittore - era quello di aspettare: l’editore attende i libri come i messaggi sulla riva del mare. Pronunciava favole che coincidevano con la realtà».
Il filosofo Era curioso, attento, aveva sempre voglia di meravigliarsi Mi viene in mente un personaggio di Goldoni
Giavazzi
Le sue qualità: idee, lavoro ben fatto, senso degli affari. Anche questo ha permesso a Marsilio di crescere
Lupo
La sua casa era un’arca dei libri, sembrava che volesse salvarli tutti Con lui si finiva sempre a parlare di modernità