CRESCITA, QUEL FRENO SOCIALE
Se si guardano i dati demografici con cui il Veneto ha cominciato il 2018 il segno meno fa sempre da padrone: cala la popolazione, si riducono ancora le nascite ed indietreggiano perfino le morti (nonostante l’invecchiamento) per effetto della longevità. Presenta un segno positivo solo l’andamento migratorio, che però non ci può salvare dalla incombente Caporetto demografica. Una Caporetto non molto lontana, dato che se oggi ci sono tre lavoratori ogni due pensionati nel 2045 ogni lavoratore dovrà «caricarsi sulle spalle» come Enea col padre Anchise – un pensionato. Il che è chiaramente insostenibile per il nostro sistema pensionistico a ripartizione. E pensare che proprio duecentoventi anni fa Thomas Malthus, un economista inglese, scrisse un saggio molto preoccupato sulla crescita della popolazione. Una crescita che avrebbe portato ad un autentico disastro, dato che – sosteneva - le bocche da sfamare crescevano più velocemente delle risorse necessarie. In realtà il problema è esattamente opposto: è l’economia che ha bisogno della demografia, dato che calo delle nascite ed invecchiamento tirano il freno alla crescita. A sottolinearlo un recente studio elaborato dalla Banca d’Italia, in cui si dimostra come le abbondanti nascite ed una popolazione giovane abbiano prodotto nel passato un «dividendo demografico» assai positivo per lo sviluppo, un «dividendo» che ad esempio ben si coniugò al boom dell’economia diffusa del Nordest.
Al contrario, negli ultimi venticinque anni e con ogni probabilità nel futuro, il deficit demografico è divenuto e diverrà un robusto freno a mano tirato per la crescita economica. Dalla ricerca emerge anche che, a partire dal 2041, neppure gli immigrati basteranno per compensare il tonfo delle nascite e rallentare il declino dovuto all’invecchiamento della popolazione. «Negli ultimi venticinque anni e nelle simulazioni per il prossimo cinquantennio – si legge nel documento della Banca d’Italia – i dati e le previsioni nazionali e internazionali prospettano un’evoluzione sfavorevole della composizione per età con una riduzione della quota di popolazione in età lavorativa ed effetti negativi sulla crescita economica in Italia, in modo non dissimile dagli altri principali paesi industrializzati. I flussi migratori (previsti) potranno limitare il calo della popolazione complessiva, della popolazione in età lavorativa e dei tassi di occupazione, ma non saranno in grado di invertire il segno negativo del complessivo contributo demografico». Che fare? Per la Banca d’Italia non rimangono che l’allungamento della vita lavorativa, l’aumento del lavoro femminile e l’innalzamento dei livelli di istruzione. Di sicuro, contrariamente a ciò che scriveva Malthus, la stagnazione delle culle porta dritto alla stagnazione dell’economia.