«Quattro comuni ma oggi Mestre è un unico grande magma»
Mestre? «Un toponimo insufficiente e ingannevole». Secondo il Tar del Veneto la parola Mestre non è in grado di fornire all’elettore dei precisi confini geografici, sospesa tra la cartina ante 1926 - quando i Comuni erano quattro: Mestre, Favaro, Chirignago e Zelarino che poi assieme a Mira furono fusi nel Comune di Venezia - e la cartina dell’oggi, dove per Mestre si intende lo spazio della terraferma del Comune di Venezia. «I Comuni fino al 1926 erano quattro e avevano una storia lunga 120 anni, ciascuno aveva un suo sindaco - ricostruisce Sergio Barizza, archivista e autore di Storia di
Mestre - Ma non si può non fare i conti con ciò che è venuto dopo, quel disegno della Grande Venezia dell’allora sindaco Filippo Grimani, di Piero Foscari e di Giuseppe Volpi. Quel disegno divideva il territorio secondo attività, l’arte in centro storico, in terraferma lavoro e residenza. Per novant’anni la realtà è stata questa, la realtà di Venezia ormai è unica». La percezione dei cittadini, per Barizza, oggi non lascia margine di dubbi. Basta guardare il territorio dall’alto per rendersi conto. «In novant’anni la terraferma è diventata un grande magma, una immensa periferia o una somma di piccoli centri, la realtà è che si tratta di una unica città – aggiunge – lo spazio distingue una città da un’altra e qui non c’è, siamo di fronte a un unico reticolo».
Per Barizza il confronto storico ormai non ha più senso davanti alla nuova realtà quasi centenaria. «Piuttosto la domanda è un’altra, quel progetto di Grande Venezia è andato in porto? No perché sono evidenti due sentire diversi tra terraferma e città d’acqua e le cose non funzionano nel rapporto tra amministrazioni e cittadini – conclude Barizza – Nessuno si è preoccupato di far crescere e di governare Mestre».