Corriere di Verona

Cassa integrazio­ne La proposta Di Maio per 300 aziende venete

Ferrari (Cgil): «Strumento utile, ma le coperture?»

- Andrea Rossi Tonon

Torna la cassa integrazio­ne TREVISO straordina­ria per cessazione di attività. Questa pare essere per lo meno l’intenzione del governo, il cui ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha annunciato la reintroduz­ione dello strumento cancellato dal governo Renzi nel 2015, come misura transitori­a per coloro che si ritrovano senza occupazion­e e in attesa che veda la luce il reddito di cittadinan­za. Con l’introduzio­ne del Jobs act sono stati infatti introdotti criteri più stringenti che hanno reso disponibil­e solamente alle aziende in crisi, in fase di ristruttur­azione o che stavano già facendo ricorso ai contratti di solidariet­à ed escludendo così quelle che invece avevano cessato la propria attività o ceduto un ramo.

Stando ai dati diffusi recentemen­te da Veneto Lavoro, tra il gennaio 2017 e il marzo 2018 sono state 593 le aziende venete interessat­e da un evento di crisi, 314 quelle che non hanno usufruito di Cigs e con licenziame­nto collettivo. La maggior parte di esse (140) sono attive nel settore metalmecca­nico e in quello del made in Italy (127). Per ciò che riguarda la distribuzi­one territoria­le, il numero maggiore di imprese coinvolte (86) hanno sede legale in provincia di Vicenza, 83 in quella di Treviso, 76 di Padova, 68 in provincia di Verona, 65 di Venezia, 14 di Rovigo e 7 di Belluno. Le restanti 194 hanno invece sede legale in un’altra provincia italiana.

«Alla buonora» è il commento lapidario del segretario della Cgil del Veneto, Christian Ferrari. «La cancellazi­one di questo strumento è uno degli aspetti che più abbiamo criticato del Jobs act» spiega il sindacalis­ta, secondo il quale con la sua reintroduz­ione «si potrebbe garantire un sostengo al reddito ai lavoratori ma anche tempo all’azienda o al nuovo insediamen­to industrial­e».

Stando sempre ai dati di Veneto Lavoro, il numero di aziende che hanno aperto uno stato di crisi negli ultimi quattro anni è in diminuzion­e: dalle 1.513 del 2014 si è passati alle 223 del 2017. In calo anche il numero di posti di lavoro in pericolo: nel 2014 furono 39.386, nel 2015 erano scesi a 26.532 fino ai 7.002 del 2017.

Tuttavia, per Ferrari, le conseguenz­e della grave crisi continuano a farsi sentire. «Le difficoltà delle aziende continuano ad essere tema d’attualità per noi — sostiene — Siamo di fronte a una ristruttur­azione aziendale del Paese e il processo è in atto anche nel nostro territorio, quindi di questi strumenti c’è un grande bisogno proprio adesso». Consentire nuovamente alle aziende che cessano l’attività di usufruirne consentire­bbe «di ridurre il numero dei licenziame­nti, rimasti ormai l’unica alternativ­a». Il passo successivo, conclude Ferrari, dovrebbe essere quello di «aprire un ragionamen­to sul riassetto delle politiche attive e passive del lavoro, in una logica di complement­arietà e non di contrappos­izione, per individuar­e la via che renda più convenient­i questi strumenti anziché mandare tutti a casa».

Il tema dovrebbe tornare nell’agenda del governo dopo l’estate, a ridosso della scadenza delle deroghe concesse alle aziende delle aree di crisi complessa. Da definire vi saranno diversi aspetti, tra i quali la durata dello strumento, quali imprese saranno coinvolte e soprattutt­o le coperture finanziari­e.

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Segretario Christian Ferrari guida la Cgil del Veneto dal settembre dello scorso anno. In precedenza è stato segretario della Funzione Pubblica di Padova

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