«Venete, decreto entro settembre Già in 1.500 attendono i rimborsi»
Appello al governo dei comitati pro-fondo di ristoro. I contrari: «Soluzione morta»
«Ci sono almeno 1.500 persone, con un titolo esecutivo in mano, che potrebbero in Veneto aver recuperato tutto il denaro perso nell’azzeramento dei titoli delle ex banche popolari che avevano in portafoglio». A sostenerlo è Franco Conte, presidente regionale di Codacons, associazione che ieri, assieme ad altre dodici sigle di consumatori e di risparmiatori, in un vertice a Padova ha inviato un appello al Presidente del consiglio, Giuseppe Conte, perché sia firmato entro settembre il decreto attuativo del fondo di ristoro istituito con l’ ultima Legge finanziaria, di cui hanno diffuso per la prima volta la bozza.
Quello elaborato nella precedente legislatura e fortemente promosso dal senatore Giorgio Santini e dal sottosegretario all’economia, Pier Paolo Baretta, entrambi del Pd, e che aveva individuato una dotazione di cento milioni di euro da ripartire in quattro anni. Pochi, si è sempre riconosciuto. Ma sufficienti a partire già nel 2018 con i primi 25 milioni e, soprattutto, con la possibilità di abbondanti rifinanziamenti attingendo dai 1.600 milioni congelati nei «conti dormienti». Il decreto attuativo, quello che dovrebbe dare lo start ai rimborsi, con il recente «Milleproroghe» è stato fatto slittare a fine ottobre. Ma le associazioni temono che intanto possano intervenire variazioni, magari nelle intenzioni migliorative, ma tali da ritardare ancora la messa a terra del provvedimento. Il cui testo, finalmente, è entrato in possesso dei comitati e sarà descritto lunedì a mezzogiorno, nel municipio di Vicenza. Il documento contiene alcuni tratti fondamentali che, a detta delle associazioni favorevoli, «risolvono da subito il 90% dei problemi». Sono previsti, ad esempio, l’assenza di limiti per l’ammontare del danno subito e di condizionamenti di «reddito e stato patrimoniale» dei soggetti danneggiati dal default di Veneto Banca e Bpvi. La procedura per presentare l’istanza, inoltre, è piuttosto semplificata e non vi sarebbero ostacoli per pagare immediatamente chi abbia ottenuto a proprio favore un pronunciamento «di una sentenza, anche di primo grado, o di un lodo divenuto esecutivo» da parte, ad esempio, dell’Arbitro per le controversie finanziarie (Acf). Il regolamento non pone «limitazioni di data e o di modalità di come si sia entrati in possesso delle azioni» e l’accesso al fondo è aperto anche ai risparmiatori che, nella primavera del 2017, abbiano accettato l’Offerta pubblica di Transazione (Opt) avanzata dai due istituti riscuotendo in questo modo una somma pari a circa il 15% del danno subito. In questo caso la rifusione avverrebbe per la quota residua. Il criterio di assegnazione delle quote di ristoro, come detto, avverrebbe secondo il momento di presentazione delle domande e per il 100% della somma richiesta fino ad esaurimento della dotazione. La «scaletta» riprenderebbe l’anno successivo, con al primo rifinanziamento del Fondo, da dove si è interrotta.
Nel caso di gruppi collettivi, ad esempio una famiglia, e se alla fine di ogni tranche rimanesse un importo non sufficiente a coprire il credito di ciascun componente, avverrebbe una ripartizione proporzionale del residuo. Le quote mancanti, anche in questo caso, verrebbero saldate in automatico (cioè senza bisogno di presentare nuove istanze) con il rimpinguamento del serbatoio dell’anno dopo. «Per avere tutto questo basta una sola firma del governo», insiste Conte. Puntuali le contestazioni dell’associazione «Noi che credevamo nella Bpvi»: «Quello di Baretta è un fondo finto – scrivono – e al sindaco di Vicenza, Francesco Rucco, abbiamo chiesto noi da mesi, inutilmente, un incontro».
Conte Basta una firma dell’esecutivo per sbloccare la situazione