LE FAMIGLIE E IL RITORNO AL DEBITO
Dice un vecchio proverbio veneto che «vecchiaia, debiti e morte non bussano mai alla porta». Nel senso che arrivano come indesiderati ospiti e si associano sempre a cose poco piacevoli. Specie la morte, ovviamente.
È un proverbio che risente di quel «piccolo mondo antico» che innervava un Veneto agricolo e povero che vedeva nei debiti un qualcosa di spiacevole, di quasi immorale. Oggi quel proverbio andrebbe radicalmente rivisto. Vecchiaia e morte in un certo senso bussano sempre meno alla porta non perché siamo divenuti immortali o evergreen, ma perché sicuramente le abbiamo notevolmente allontanate entrambe con la forza di un eccezionale guadagno di longevità, come confermano le statistiche demografiche.
Anche i debiti per così dire non bussano più alla porta, perché spesso non ci cadono addosso, ma li cerchiamo. Siamo ormai una società che corre sulla normalità dei debiti, privati e pubblici, e i comportamenti economici delle famiglie sono da tempo divenuti decisamente «americani».
A dirlo è uno studio della Cgia di Mestre che ha calcolato che, mediamente, le famiglie italiane sono indebitate per 20.549 euro. Non solo, negli ultimi tre anni questa imponente massa di debiti familiari è cresciuta dell’8,2 per cento.
Segno che le banche hanno riaperto i rubinetti finanziari e che le famiglie – uscite dal tunnel della crisi – hanno ricominciato a spendere e ad investire.
Tuttavia i dati sull’indebitamento delle famiglie italiane presentano un duplice volto. Il primo è che le famiglie più indebitate sono quelle delle aree più ricche del paese. Suddividendo l’Italia nelle sue 107 province troviamo infatti in testa Milano, Monza e Lodi mentre chiudono questa graduatoria debitoriale Reggio Calabria, Vibo Valentia ed Enna (provincia questa in cui il debito familiare è meno di un terzo di quello di Milano o Monza).
Il Veneto si trova ovviamente ben posizionato (cioè ben indebitato, il che può sembrare un paradosso: ma non lo è) con le province di Padova e Treviso in testa mentre comprensibilmente chiudono Rovigo e Belluno.
L’altro aspetto rilevato dallo studio della Cgia è che la maggiore incidenza del debito sul reddito si ha nelle famiglie economicamente più deboli, quelle famiglie cioè che sono a rischio di povertà o di marginalità sociale. In questo caso l’indebitamento muta di segno: non è più uno strumento di investimento e di voglia di futuro ma diventa solo un affannoso mezzo di galleggiamento in una situazione socioeconomica familiare critica e povera di prospettive.
In ogni caso i dati sui debiti delle famiglie italiane ci dicono due cose. La prima è il loro aumento è un ulteriore segno di una visione più ottimistica della congiuntura economica. La seconda è che ormai non solo i debiti non bussano alla porta, ma siamo noi a cercarli bussando alle porte di banche e finanziarie varie.