Strage del bus: in 48 chiedono i danni
Morirono in 17: parenti e superstiti in campo per «avere giustizia». Tra 2 mesi in aula
Strage del bus ungherese VERONA in A4: un anno e 4 mesi di inchiesta sfociata poi , su iniziativa del pm Paolo Sachar, 6 richieste di rinvio a giudizio. E fino a questo momento, a essersi fatti avanti dall’Ungheria per entrare nel processo come parte civile, sono stati in 48: si tratta in maggioranza dei familiari dei ragazzi che purtroppo persero la vita nel violentissimo «impatto del bus contro il pilone che sorregge il cavalcavia dello svincolo di Verona Est».
È il 20 gennaio del VERONA 2017, mancano venti minuti a mezzanotte. Stanchi ma felici dopo la settimana bianca in Francia, in 56 stanno facendo ritorno in Ungheria: a bordo del pullman in transito sulll’A4, oltre ai due autisti che si danno il cambio al volante, si trovano studenti e insegnanti.
La maggior parte di loro sonnecchiava, quando bastò un attimo di disattenzione per provocare una strage: 17 morti, 4 feriti gravi (con ustioni di secondo grado, traumi alla testa, lesioni multiple) e altri 25 più lievi. Soltanto in 12 sopravvissero per miracolo senza riportare danni, perlomeno fisici.Il 20 gennaio 2017, da Budapest,toccò al ministro degli esteri Peter Szijjarto, enumerare nel dettaglio le cifre di quel bollettino di sangue. E dopo lo strazio, il clamore e le polemiche, era scattato anche il tempo delle indagini, delle testimonianze, della ricostruzione.
Un anno e 4 mesi di inchiesta sfociata poi , su iniziativa del pm Paolo Sachar, 6 richieste di rinvio a giudizio. E fino a questo momento, a essersi fatti avanti dall’Ungheria per entrare nel processo come parte civile, sono stati in 48: si tratta in maggioranza dei familiari dei ragazzi che purtroppo persero la vita nel violentissimo «impatto del bus contro il pilone che sorregge si ricostruisce nel capo d’imputazione - il cavalcavia dello svincolo di Verona Est il quale si incuneava per circa otto metri nella struttura dell’autobus». Tutta colpa, accertò la procura, di un maledetto colpo di sonno: ma le responsabilità, secondo gli inquirenti, oltre all’autista che in quel momento si trovava alla guida del mezzo distrutto (e che a sua volta rimase gravemente ferito) risulterebbero da estendere anche a funzionari dell’A4 e dell’Anas. Per tutti, l’appuntamento con l’udienza preliminare davanti al giudice Luciano Gorra è stato calendarizzato a fine ottobre. Sarà lui a decidere se sfocerà in un processo quell’incidente spaventoso che causò la morte di 17 passeggeri. Persero la vita in modo orribile: alcuni vennero sbalzati fuori dal bus a causa dell’impatto violentissimo, altri invece rimasero intrappolati all’interno mentre divampavano le fiamme.
Per la magistratura, sussisterebbero a vario titolo profili di colpa a carico di Jànos Varga, di 53 anni, il primo autista; con lui, si troveranno al banco degli imputati altre cinque persone tra tecnici e collaudatori. Tutti, dovranno rispondere di omicidio stra- dale plurimo. È a loro che chiedono i danni familiari delle vittime e superstiti: tra questi c’è il professore di educazione fisica Gyorgy Vigh, che nella strage perse i due figli, Laura e Balazs, e che dopo essersi messo in salvo era rientrato più volte nel bus in fiamme per estrarre una a una le altre persone. Al suo coraggio e alla straziante perdita che ha subìto quel giorno in prima persona, è stato dedicato il momento più toccante dell’ultima cerimonia per la Festa della Repubblica tenuta in Gran Guardia, quando sul palco il 2 giugno scorso è salito proprio il docente accompagnato dalla moglie e dall’ambasciatore e dal console generale di Ungheria. Nemmeno il prefetto Mulas riuscì a trattenere le lacrime nell’abbracciare la coppia. Quanto agli imputati, le contestazioni da cui sono chiamati a difendersi riguardano - tra gli altri profili di responsabilità - il progetto delle barriere di sicurezza; la presunta omologazione di barriere stradali a tripla onda «del tutto inadeguate per la protezione dagli effetti dello svio veicolare in presenza di ostacoli fissi». Inoltre, nel mirino si profilano le verifiche lungo la rete stradale delle condizioni di «efficienza e di adeguatezza delle pertinenze stradali». E in 48, ora, chiedono giustizia.