Corriere di Verona

Vicenza, funerali bis per Licata L’appello di parroco e vescovo

- (b.c.)

VICENZA «Non potevamo non essere qui, per l’ultimo saluto all’amico Vincenzo, ma non avremmo voluto esserci, non avrebbe dovuto accadere». Le lacrime per la morte di Vincenzo Licata, padre di famiglia e camionista di Vicenza inghiottit­o e ucciso dal crollo di un pezzo di A10 la vigilia di Ferragosto, non offuscano la rabbia, la voglia di verità e giustizia per il crollo del ponte di Genova. La musica di bande e fanfara che ieri mattina è riecheggia­ta fuori e dentro la chiesa di Vicenza, affollatis­sima, non ha coperto il monito di don Simone durante l’omelia, davanti alla bara con alpini e bersaglier­i come «sentinelle», alla moglie e i due figli del 58enne che non riescono a darsi pace. Il monito che «mai più capitino questi disastri - le parole del sacerdote - coloro che ci governano si diano da fare non a parole ma con fatti, subito, perché le strade siano più sicure». A parlare di una «morte assurda e drammatica», quella del 58enne originario della Sicilia e di altre 42 persone, anche il vescovo, monsignor Beniamino Pizziol, che in una nota letta in chiesta ha scritto: «Come cittadini di questo Paese chiediamo, con forza e buon diritto, che sia tutelata la sicurezza di coloro che percorrono le nostre strade». E la folla, con sindaco, vice prefetto, parlamenta­ri, ma anche pompieri e protezione civile, interrompe il silenzio con gli applausi quando si ricorda l’amico camionista, «l’amore per la famiglia, la passione per il lavoro e la musica, con la quale amava far gioire le persone».

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La cerimonia Protezione civile schierata e bande musicali per l’ultimo saluto a Vincenzo Licata, unica vittima veneta del crollo di Ponte Morandi a Genova,

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