Olimpiadi e liti, il sottosegretario M5s chiede lo stop alla candidatura
Si allontana la candidatura italiana alle Olimpiadi invernali del 2026. La rinuncia della giapponese Sapporo, devastata dal recente terremoto, avrebbe dovuto rinvigorire le ambizioni a cinque cerchi di Milano, Cortina e Torino, chiamate a questo punto a giocarsela con le sole Stoccolma (Svezia), Calgary (Canada) ed Erzurum (Turchia), per giunta da favorite. E invece ieri non si è assistito ad alcun orgoglioso scatto di reni, come invocato dal governatore Luca Zaia («Ora più che mai occorre procedere pancia a terra verso l’obiettivo»), bensì all’ennesimo avvitamento polemico, con le tre città che hanno sì spedito al sottosegretario Giancarlo Giorgetti la lettera indispensabile per procedere domani con la presentazione della candidatura al Cio di Losanna, ma solo per ribadire le rispettive posizioni, già ampiamente discusse fino ad oggi.
Siamo, insomma, allo stallo e la palla, ancora una volta, è nel campo del Governo: Giorgetti, in serata, ha fatto sapere che comunicherà la posizione ufficiale dell’Esecutivo oggi, nel corso di un’audizione in commissione Istruzione al Senato. Ieri, però, è stato anticipato dal collega Simone Valente, sottosegretario per i rapporti con il Parlamento e responsabile sport per il M5S: «Mettiamo un punto fermo a questo paradosso: non è possibile procedere quando le condizioni proposte da Coni e Governo non sono sostenute da una città importante come Milano».
A scatenare la reazione ultimativa di Valente sono state le parole del sindaco di Milano Giuseppe Sala, che non fa un solo passo indietro rispetto a quanto detto anche durante gli incontri della scorsa settimana: Milano è pronta a far da sé, come è accaduto con Expo, e se il Governo insisterà sul «tridente» sarà della partita solo a condizione di essere centrale nel brand olimpico e che il Governo si assuma in toto la responsabilità della gestione dell’evento. Una posizione granitica, che se viene accettata tutto sommato di buon grado da Cortina (il sindaco Giampietro Ghedina nella sua lettera ha chiesto pari dignità, un’adeguata visibilità e un’equa ripartizione delle gare), collide invece pesantemente con Torino, la cui sindaca Chiara Appendino ha pure insistito: la scelta del «tridente» è un errore, Torino avrebbe potuto giocarsela da sola, se il Governo va avanti dovrà gestire tutto e, soprattutto, pagare tutto.
Ora, in un contesto simile è dura pensare che Palazzo Chigi possa e voglia gettare il cuore oltre l’ostacolo. O almeno così lascia intendere Valente: «Le parole del sindaco di Milano sono ancora una volta non allineate con quanto emerso nel recente incontro a Palazzo Chigi. La sua pretesa è insostenibile per tutti coloro che fino ad oggi avevano lavorato con grande impegno a un progetto unitario».
C’è chi interpreta l’altolà del sottosegretario pentastellato come un tentativo di assist ad Appendino, della serie: o Milano (governata dal Pd) si fa ricondurre a più miti consigli o salta tutto (ipotesi, quest’ultima, che permetterebbe di rimettere in circolo i 600 milioni accantonati allo scopo, in vista della manovra...). Se così fosse, significherebbe che il M5S conta su una sponda leghista ma le reazioni che filtrano dai Salvini’s sono di tutt’altro tenore: la Lombardia è pur sempre governata dal leghista Attilio Fontana, che con Zaia sarebbe particolarmente irritato dalla situazione venutasi a creare. E se alla fine a saltare fosse proprio Torino e la candidatura procedesse con le sole Milano e Cortina? Oggi l’ultima parola.