Mediterranea, sfida veneta a Salvini VENEZIA
La nave con Caccia e Casarini soccorre i migranti. Crowdfunding per finanziarsi
La «nave anti-Salvini», com’è stata ribattezzata, batte bandiera veneta. L’idea di trasformarsi in armatori umanitari è partita proprio dai veneti Beppe Caccia e Luca Casarini ora a bordo della Mare Jonio. Da Re commenta: «Confido in Giove pluvio».
«Nel caso intercettassimo naufraghi bisognosi di aiuto spiega l’equipaggio - seguiremo tutti i protocolli di soccorso in mare e il nostro punto di riferimento sarà la Capitaneria di Porto italiana».
Sono salpati mercoledì notte dal porto di Augusta in Sicilia e ieri, alle 18, hanno raccolto la prima richiesta di soccorso e sono corsi a verificare se c’era davvero bisogno aiuto.
Quando erano poco più che ragazzi, al Rivolta di Marghera a fine anni ’90, hanno accolto decine di persone che dall’Est Europa, senza documenti, cercavano una vita migliore in Veneto e, nell’anno del G8 di Genova, hanno aperto le porte del centro sociale ai curdi in fuga dalla Turchia. Ora, a quasi vent’anni di distanza, con i capelli ormai brizzolati, eccoli di nuovo in prima fila, questa volta lontano dal Veneto, in mare aperto, sulla Mare Jonio, rimorchiatore del 1971 lungo 37 metri e attrezzato con infermeria, servizi igienici e tutto ciò che può servire a chi rischia la morte sui barconi pur di raggiungere l’Europa.
Sono l’ex tuta bianca e leader dei Disobbedienti Luca Casarini, che da qualche anno vive in Sicilia, e l’ex assessore veneziano al Welfare (giunta di Paolo Costa) nonché consigliere comunale fino al 2014, Beppe Caccia: i due da mercoledì solcano le acque italiane al confine con la Libia dopo essersi inventati armatori e dopo aver chiamato a raccolta amici, associazioni e parlamentari di LeU come Erasmo Palazzotto (anche lui a bordo) e Nicola Fratoianni, per coinvolgerli in quello che poi è diventato il Progetto Mediterranea.
«A fine giugno, con alcuni vecchi amici, fratelli e sorelle con cui abbiamo condiviso tanti anni nei movimenti, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti che era ora di agire - racconta Caccia - che non era il momento dei dibattiti, della chiacchiera, ma di fare qualcosa di concreto che corrispondesse al sentimento di vergogna che provavamo, per quello che il nostro Paese e l’Europa stavano facendo o non facendo in mezzo al mare».
È nata così, da due veneti, l’idea di attrezzare la prima nave «search and rescue» (ricerca e soccorso) battente bandiera italiana e che, forte della sua nazionalità, non dovrebbe avere problemi ad ormeggiare nei porti del Paese con a bordo richiedenti asilo. E si è creata, così, la società «Idra». «Di fronte a vite in pericolo, bisogna salvarle - continua - poi si può discutere di tutto, di accoglienza, di grandi politiche per l’immigrazione, ma prima si salvano, è la legge del mare e dell’umanità ed è la legge cui ci sentiamo di obbedire».
Costo dell’operazione, 480 mila euro, di cui 350 mila per l’acquisto del rimorchiatore. «Volevamo noleggiarne uno, ma gli operatori ci hanno detto che temevano ritorsioni del governo», aggiunge Caccia. Alcuni hanno donato soldi, altri - è il caso dei parlamentari e di Nichi Vendola - hanno messo lo stipendio a garanzia del prestito, erogato da Banca Etica. In questa prima fase, la nave farà missioni da 15 giorni ciascuna per due mesi ed è sostenuta, oltre che dalle associazioni Ya Basta, I diavoli, Arci, Molti volti, Baobab experience e dalla Comunità ligure di San Benedetto al Porto, dalle ong Open Arms, Sea Watch e dai piloti francesi di Colibrì, velivolo che ogni giorno decolla da Lampedusa a monitorare il Mediterraneo.
A bordo, sette persone, di cui cinque con esperienza di soccorso in mare e Roberto Scaini di Medici senza frontiere. Il personale di bordo, invece, è interamente siciliano e alla loro esperienza del braccio di mare fra italia e Nordafrica si affidano i barricaderi «armatori umanitari». Al
seguito due barche a vela, Iana e Burlesque, dove c’è un terzo veneto, Mario Pozzan, iscritto all’Università di Bologna e che a Mestre era attivo nei collettivi studenteschi.
«Nel caso intercettassimo naufraghi bisognosi di aiuto - spiega l’equipaggio - seguiremo tutti i protocolli di soccorso in mare e il nostro punto di riferimento sarà la Capitaneria di Porto italiana».
Il vicepremier Matteo Salvini di Mediterranea ha detto, «nave di scalcagnati che va a prendere tre merluzzetti», il leghista veneto Gianantonio «Toni» Da Re non è più tenero: «Spero nell’ira di Giove pluvio, in mareggiate forza 7 e che la nave vada a fondo». Su Casarini, caustico, aggiunge: «A volte ritornano».