Le quattro regole del fondatore e i piani aziendali
Cortese ma invalicabile, TREVISO del tutto in linea con la condotta di famiglia, che, da sempre, ha eretto un solido divisorio tra quel che è impresa e i fatti di vita, la loro vita. La candida facciata dell’ex tribunale di Treviso, ora sede di Edizione srl, cassaforte finanziaria dei Benetton, accoglie come sempre, ma anche filtra. Dolore, perdita, ricordo: sulla morte di Gilberto nessuno parlerà. Consegna del silenzio, che solo il presidente, Fabio Cerchiai, incrina un poco. Parole rapide e cortesi, sul selciato di piazza Duomo: «Aneddoti o episodi che ricordino Gilberto Benetton ora non ne ho. Dico che è stato un esempio di impegno e dedizione. Era davvero un esempio, e non sono parole di circostanza...». L’auto che porta Cerchiai se ne va; resta, invece, la nota scritta a quattro mani con l’ad di Edizione, Marco Patuano, e diffusa in tarda mattinata. Del vice presidente ucciso dalla leucemia, presidente e amministratore dicono: «La sua lucida percezione del mondo e la sua capacità di cogliere e prevedere le evoluzioni economiche e sociali, hanno stimolato e indirizzato le più importanti scelte strategiche di Edizione». Ecco il punto: la portaerei finanziaria resta senza lo stratega, il timoniere.
Com’è stata, dunque, la guida di Gilberto? Aveva regole, un sistema? Raccogliendo da molti che lo conoscevano bene, si può ricavare un ritratto in quattro pilastri del Benetton imprenditore. Un racconto per voci ma senza nomi, ossequio alla citata riservatezza. «Innanzitutto, per Gilberto la crescita dell’impresa era un dovere morale». Crescere e condividere con i dipendenti. Secondo cardine: «Ha sempre guardato alla dimensione internazionale dell’azienda». La voce regala un esempio: «Quando i Benetton comprarono Autogrill, nel ’95, fatturava 300 milioni di euro e aveva il 95% delle attività in Italia». Oggi il fatturato di Autogrill è 5 miliardi, raccolto per l’80% all’estero. Terzo passo: i soci. «Per grandi investimenti e grandi operazioni, riteneva servissero grandi soci». Lo scorso luglio, tramite Connect, «scatola» posseduta al cento per cento, Edizione ha acquisito il 29,9% della spagnola Cellnex, operatore di infrastrutture per telecomunicazioni; il 40% di Connect è stato quindi venduto al Fondo Sovrano di Dubai e al Fondo sovrano Gic di Singapore. Tradotto: grandi soci, per aprirsi al mondo. Un ultimo concetto caro all’uomo dei conti di Ponzano: il capitale è paziente. «Solo un investimento di lungo termine crea valore - ci ricorda un’altra voce -. Autogrill è nel portafoglio di Edizione da vent’anni».
E però adesso si tratta di guardare avanti. Per ora secondo lo schema immaginato e già messo a terra, del passaggio dei ruoli chiave di Edizione ai manager, con i quattro rami della famiglia presenti in cda. E come già successo dopo la morte di Carlo Benetton, con il figlio Massimo che ha assunto il ruolo di socio fondatore per la «cassaforte» Proposta e la rappresentanza in cda, lo stesso succederà nel caso della cassaforte Regia, che fa capo agli eredi di Gilberto. Con la figlia Sabrina chiamata probabilmente ad assumere il ruolo di socio fondatore e la poltrona in Edizione, al fianco di Alessandro e Franca, che rappresentano i rami di Luciano e Giuliana. Secondo uno schema già scritto e che non permette altro, secondo le regole dello statuto. E che andrà a dama senza troppi scossoni, sull’onda della morte di Gilberto: il prossimo cda, almeno per ora, resta in programma all’inizio di novembre. E si vedrà se già per allora Regia avrà chiuso gli avvicendamenti.
Sullo sfondo, almeno per ora, restano i possibili cambiamenti nelle regole del gioco per dare spazio ad altre persone. Come potrebbe essere, nel caso di Ermanno Boffa, il commercialista marito di Sabrina, secondo alcuni interlocutore preso in crescente considerazione da Gilberto. Ma che con lo statuto attuale non potrebbe trovare spazio nell’organigramma ufficiale. Niente vieta di cambiare, se tutti sono d’accordo. Ma l’orizzonte temporale resta l’assemblea dei soci di Edizione della prossima primavera.