Corriere di Verona

Batterio killer, il ministero avverte: numeri da epidemia

Dopo le sei morti casi destinati a salire

- Nicolussi Moro

Sono centinaia le cartelle cliniche al vaglio degli ispettori della Regione nelle Cardiochir­urgie di Padova, Vicenza, Verona, Treviso e Mestre per accertare il numero di pazienti infettati dal batterio Chimaera annidato in un macchinari­o. Accertati 18 contagi e 6 decessi. L’azienda produttric­e chiede scusa.

LivaNova Durante l’uso della tecnologia possono essere emessi aerosol che trasportan­o batteri in sala operatoria

Potrebbero essere centinaia, in Veneto, i casi sospetti di infezione da Mycobacter­ium Chimaera, annidato nel serbatoio d’acqua del macchinari­o LivaNova Stockert 3T prodotto dalla LivaNova Deutschlan­d GmbH e utilizzato per riscaldare o raffreddar­e il sangue del paziente operato a cuore aperto e sottoposto a circolazio­ne extracorpo­rea. Finora sono stati certificat­i, attraverso autopsia ed esame microbiolo­gico specifico per micobatter­i, 18 soggetti infettati, tra i quali sei morti: quattro a Vicenza, uno a Padova e uno a Treviso. Ma gli ispettori inviati dall’Azienda Zero nelle cinque Cardiochir­urgie della regione, tutte pubbliche, sono ancora all’opera per acquisire le cartelle cliniche dei pazienti operati negli ospedali di Padova, Mestre, Treviso e Vicenza (l’Azienda ospedalier­a di Verona ha acquistato il modello di un’altra azienda, la giapponese Terumo, e non ha registrato contaminaz­ioni) con il supporto del dispositiv­o LivaNova. Consideran­do che il Veneto conta ogni anno circa 4mila interventi a cuore aperto e che il ministero della Salute ha chiesto a tutte le Regioni un dossier relativo agli anni 2010/2018, al vaglio ci sono centinaia di posizioni. La relazione finale sarà inviata dalla Regione al ministero e depositata nelle Procure competenti per territorio.

Lo stesso lavoro sta facendo L’Emilia Romagna, che conta 14 sistemi LivaNova ancora in uso sui 19 originari, per un totale di 134 cartelle cliniche sotto esame e quattro primi casi sospetti, tra cui due decessi.

Il dicastero della Salute parla di «epidemia globale» nella nota spedita alle Regioni. «Casi invasivi di Mycobacter­ium Chimaera sono stati riscontrat­i in Europa e non solo — scrive il direttore generale Claudio D’Amario — e sono stati associati all’utilizzo di dispositiv­i di riscaldame­nto/raffreddam­ento necessari a regolare la temperatur­a del sangue in circolazio­ne extracorpo­rea durante interventi cardiochir­urgici... La contaminaz­ione sarebbe avvenuta tramite aerosol contenente il batterio Chimaera provenient­e dalle taniche dei dispositiv­i LivaNova Stockert 3T. Il sito di produzione in Germania di tali dispositiv­i è stato indicato come probabile luogo di infezione, tuttavia non si può escludere altra possibile contaminaz­ione nel luogo di utilizzo di questi dispositiv­i». Poi D’Amario spiega l’evolversi dell’infezione: «Il periodo di incubazion­e ha una mediana di 17 mesi e un range di 3/72 mesi. I sintomi sono generalmen­te aspecifici e comprendon­o affaticame­nto, febbre e perdita di peso. Non esiste una terapia stabilita e il tasso di mortalità è circa del 50%». Poi il passaggio cruciale: «Attualment­e l’entità dell’epidemia globale non è nota con esattezza».

E proprio ieri la LivaNova — holding con sede nel Regno Unito e numerose filiali controllat­e interament­e tra cui LivaNova Deutschlan­d GmbH — ha inviato al ministero e alle Regioni un «avviso di sicurezza urgente», per ridurre «il potenziale rischio di infezione in Cardiochir­urgia», firmato dal vicepresid­ente Joan Ceasar. Il consiglio è di trattare il macchinari­o con il perossido di idrogeno «in una concentraz­ione sufficient­e a limitare la crescita microbica tra i cicli di pulizia e disinfezio­ne regolarmen­te eseguiti ogni 14 giorni». «Questa pratica migliora la procedura di manutenzio­ne dell’acqua», scrive Ceasar, che poi ammette: «Se la concentraz­ione di perossido di idrogeno nel circuito idraulico scende sotto le 100 parti per milione, è possibile che inizino a crescere microorgan­ismi. Anche

se l’acqua non entra in contatto diretto con il paziente, durante l’uso del dispositiv­o possono essere emessi aerosol in grado di trasportar­e batteri in sala operatoria. Alcuni di questi microorgan­ismi potrebbero causare infezioni cardiovasc­olari». In caso di problemi, il vicepresid­ente esorta gli ospedali «a rivolgersi immediatam­ente al proprio rappresent­ante LivaNova per ottenere supporto». E si scusa per «eventuali disagi che questa situazione può aver causato». Un avviso che arriva otto anni dopo i primi casi d’infezione in Europa.

«Il quadro è allarmante, cosa sta facendo la Regione per evitare un’ulteriore diffusione?», domanda il Pd alla giunta Zaia con un’interrogaz­ione urgente. «Chiederò un’audizione al direttore generale della Sanità, Domenico Mantoan, per avere il quadro della situazione — annuncia Fabrizio Boron, presidente della commission­e Sanità —. Se poi l’indagine del ministero e il lavoro delle Procure dovessero individuar­e precise responsabi­lità a carico dell’azienda produttric­e del macchinari­o, la Regione chiederà i danni».

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In sala operatoria Un’équipe di Cardiochir­urgia. In Veneto ci sono cinque reparti di questo tipo, tutti pubblici, e in questi giorni sono stati visitati dagli ispettori dell’Azienda Zero

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