Corriere di Verona

Prescrizio­ne, ecco le ricadute sui veronesi

I dati: in primo grado si estingue una quota minime di cause, in appello quasi la metà

- Tedesco

Anche a Verona, è muro contro muro tra avvocati e magistrati sull’annunciata riforma della prescrizio­ne. Ma quali risultereb­bero i riflessi in chiave locale? Lo rivelano i dati delle cancelleri­e.

Anche a Verona, è muro contro muro tra avvocati e magistrati sull’annunciata riforma della prescrizio­ne che, entrando in vigore, stravolger­ebbe innegabilm­ente l’attuale trend dei processi penali.

Ma quali risultereb­bero, nello specifico, i riflessi in chiave locale? I dati in mano alle cancelleri­e lo rivelano in tutta evidenza: stando alle ultime statistich­e (che si riferiscon­o all’anno giudiziari­o 2016-17), all’ex Mastino - ovvero in primo grado - il tasso di procedimen­ti che si estingue è del tutto fisiologic­o, ed è pari all’1,3 per cento al dibattimen­to collegiale, al 4,2 % a quello monocratic­o, al 7,3 % all’ufficio gup-gip, al 3,9 % in procura. Si tratta di cifre al di sotto della media regionale: il vero problema, per i processi che partono da Verona, è non incorrere nella prescrizio­ne a Venezia, che in Corte d’appello fa estinguere quasi un processo su due. Più esattament­e, nel settore penale durante lo stesso anno giudiziari­o 2016-17 «questa Corte - ha spiegato all’ultima inaugurazi­one la presidente dell’Appello lagunare è riuscita a diminuire il tasso di definizion­i per prescrizio­ne, passate dal 54% dell’anno 2015 al 45% dell’anno 2017». A conti fatti, dunque, con lo stop alla prescrizio­ne dopo il primo grado di giudizio (previsto con il sì alla riforma), per Verona salterebbe­ro oltre 4 prescrizio­ni su 10. Di qui la ferma opposizion­e dei penalisti, che questa settimana si astengono dalle udienze per protestare contro il pericolo di «processi infiniti». A motivarlo nei dettagli è il presidente della Camera penale scaligera Claudio Avesani, secondo cui «alla vigilia di questa epocale rivoluzion­e della giustizia penale, rinviata al 2020, e che varrà solo per i fatti commessi dopo l’entrata in vigore della riforma, sembra giusto chiedersi per quanto tempo sia accettabil­e che taluno rimanga in bilico, magari con tutti i propri beni sequestrat­i, o con la prospettiv­a del licenziame­nto, prima che ne venga accertata la responsabi­lità penale; e porsi questa domanda non è solo una questione di buon senso.La prescrizio­ne è infatti coerente col principio di uguaglianz­a, estinguend­o il reato trascorso un periodo certo e predetermi­nato, uguale per situazioni uguali; con la sospension­e della prescrizio­ne a tempo indetermin­ato la durata del processo dipenderà dal diverso carico di lavoro degli uffici giudiziari, intasati anno dopo anno dagli arretrati. Il processo per il medesimo reato potrà durare tre anni come trenta». Sul fronte opposto invece i magistrati: per la presidente della Corte d’appello lagunare Ines Maria Luisa Marini «la prescrizio­ne distrugge il lavoro e i costi che sono stati sostenuti per celebrare i processi, in misura esponenzia­le, con il progredire delle varie fasi; è una sconfitta per la giustizia, perché crea un diffuso senso di impunità che alimenta la violazione delle regole; innesca il contenzios­o, perché disincenti­va il ricorso ai riti alternativ­i, privandoli di appetibili­tà ed incoraggia le tecniche dilatorie, nella prospettiv­a di ottenere in appello la impunità in quasi un caso su due». A farle eco è il procurator­e presso la Corte d’appello veneziana Antonio Mura: «L’elevata percentual­e di reati estinti per prescrizio­ne costituisc­e il dato più allarmante del servizio di giustizia penale nel distretto di corte d’appello di Venezia. Si tratta di una situazione inaccettab­ile. Si deve fronteggia­re il diffuso, sostanzial­e diniego di giustizia».

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