I nuovi tesori della Querini La fondazione veneziana accoglie le collezioni della Carive: la grande arte classica e contemporanea
Una creatura primordiale dalle forme flessuose, priva del volto e delle estremità, spudoratamente sensuale nella sua estrema sintesi plastica. In marmo nero levigatissimo, il Torso femminile di Alberto Viani sembra avere trovato la sua casa ideale all’ingresso della Fondazione Querini Stampalia di Venezia, posto a dialogare con le architetture di Mario Botta e l’elemento acqua a far da fondale. La scultura del 1980, acquistata dalla Cassa di Risparmio di Venezia nel 1992 da Eva Viani, introduce al nuovo excursus allestito nella casa-museo che rende fruibile da oggi - con visite guidate e ingresso gratuito per i residenti - le collezioni della storica banca veneziana, dal 2014 appartenenti a Intesa Sanpaolo. Un viaggio dal XVI al XX secolo, che parte con i Tintoretto, attraversa i secoli con Canaletto, Tiepolo, Caffi fino ad Arturo Martini e alle sue antiretoriche sculture.
Nate dalla volontà di adornare gli ambienti delle sedi bancarie con opere di pregio, le raccolte comprendono tre nuclei collezionistici: gli arredi e le opere d’arte; la biblioteca veneziana con un corpus di 454 manoscritti, 3mila libri e oltre 4mila tra xilografie e incisioni; la collezione numismatica con un’importante raccolta di monete prodotte dalla Zecca veneziana. Questo tesoro visibile finora a pochi trova ospitalità alla Querini Stampalia grazie all’accordo con Intesa Sanpaolo che ha concesso all’istituzione culturale il patrimonio in comodato per vent’anni: «Rispetto alle sedi - spiega Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo - delle Gallerie d’Italia di Milano, Vicenza e Napoli, abbiamo pensato a qualcosa di diverso: affidare queste collezioni d’impronta veneziana a una istituzione della città».
La banca ha sostenuto gli oneri del restauro delle opere e del rinnovamento degli spazi dedicati, 300 metri quadrati al terzo piano prima adibiti a uffici. La firma dell’allestimento è di Michele De Lucchi, la curatela dell’esposizione di Giovanna Nepi Scirè. Entriamo in quello che De Lucchi ha definito «un cannocchiale ottico», sette sale di colore diverso per assonanza con le opere e le epoche, ripristinate con «un intervento contemporaneo usando i paradigmi della tradizione».
Pareti rosso veneziano a esaltare il modello per il Paradiso di Palazzo Ducale di Domenico Tintoretto e sempre di Domenico un Ritratto di ambasciatore; di Jacopo Il Concilio degli dei, lavoro alla Maniera con le figure contrapposte e un colorismo intenso. Tra trumeau, consolle e cassoni nuziali, un globo celeste del 1640, incontriamo due capolavori del Canaletto, Il Canal grande verso Cannaregio e Il Canal Grande dalla Salute verso il bacino di san Marco. E poi Il giudizio universale di Giambattista Tiepolo, modello preparatorio per un soffitto mai realizzato; una Scena campestre di Marco Ricci; un Notturno del rinnovatore delle vedute Ippolito Caffi e un bell’autoritratto, rarità nella sua produzione; i disegni di Guglielmo Ciardi; le due statue di Martini dell’Allegoria del mare e l’Allegoria
della terra fanno da quinta a otto bassorilievi bronzei che documentano la guerra 191518, «molto pittorici» marca Nepi Scirè.
Una sala al primo piano accoglie i materiali librari e la collezione numismatica, sovrastata da una Veduta di Venezia a volo d’uccello di de’ Barbari; mentre un enorme tappeto persiano di tipo kerman figurato ha trovato posto nel Salotto verde al secondo piano. «Alla Querini Stampalia - sottolinea il presidente della Fondazione Marino Cortese - il compito di gestire queste collezioni garantendone conservazione e piena accessibilità».