La sfida degli eredi di Melegatti «Volevamo ricomprarci l’azienda Ora facciamo il nostro pandoro»
Nasce il marchio Turco: «Prodotto artigianale, non industriale»
Mentre la nuova proprietà della Melegatti iniziava a produrre pandori nello stabilimento di San Giovanni Lupatoto, la famiglia Turco - ex proprietaria dell’azienda è tornata a sfornare i dolci natalizi e ne dà notizia dal proprio quartier generale, l’edificio di corso Porta Borsari in cui campeggia ancora la scritta blu della vecchia pasticceria fondata da Domenico Melegatti.
Nelle stesse ore in cui la nuova dirigenza targata Spezzapria prendeva possesso dello stabilimento di San Giovanni Lupatoto, simbolo della Melegatti «moderna», una ventina di chilometri più a nord, a Illasi venivano inscatolati i primi pandori e panettone a marchio Michele Turco – 1909. Sì, Turco, lo stesso cognome di Giuseppe, padre del Michele «eponimo» della nuova confezione, che a San Giovanni, negli anni ’70, spostò l’azienda, dopo aver cercato, per oltre dieci anni il sito ideale, rigorosamente fronte autostrada.
È la bizzarra vita parallela di due nuove realtà dolciarie, una antica e industriale, di cui le cronache sono tornate a parlare negli ultimi giorni, con il tentativo di rilancio a un anno dallo stop della produzione, e di un marchio nuovo (ma che richiama al passato fin dal packaging) degli ex proprietari della Melegatti, i Turco, che con l’altro ramo degli eredi dello storico pasticcere che inventò il pandoro, i Ronca, hanno contraddistinto la tumultuosa gestione dell’azienda, poi fallita lo scorso giugno.
Proprio così, i Turco tornano a fare i dolci natalizi. Un avvio che per ora è in sordina: c’è un sito internet (www.mt1909.com), c’è una pagina su Facebook. Del resto non si intende sfidare i colossi come Bauli e Paluani e men che meno l’ex azienda, dove Michele Turco è stato a lungo responsabile della produzione. Dal loro quartier generale, l’edificio di corso Porta Borsari in cui campeggia ancora la scritta blu della vecchia pasticceria fondata da Domenico Melegatti, fanno sapere che puntano a tutt’altro segmento di mercato. E, del resto, sarà ben diverso il prodotto, così come il costo, 15 euro a pezzo.
Il pandoro e il panettone Turco arriverà in una serie di punti vendita sia specialistici (la bottiglieria Corsini, per dirne uno), sia in alcune catene della grande distribuzione (tra cui Famila e Rossetto), limitatamente alla provincia di Verona.«Sappiamo come fare buoni prodotti di pasticceria e vogliamo semplicemente continuare a farlo – spiega Michele Turco assieme ai figli Giulio e Melania – siamo convinti che ci sia spazio per questo tipo di proposta». Proposta che, sottolineano, avrà una dimensione quasi artigianale. «Di industriale ci sono solo i forni - precisa Turco senior – tutto il resto consentirà prevederà l’intervento della mano dei pasticcieri in ogni singolo passaggio».
Gli ingredienti sono scelti con cura, e sono prodotti tutti in Val d’Illasi, dal burro, che proviene da uno stabilimento locale, fino ai canditi. «Non saranno – notano i Turco – quella sorta di globuli zuccheratissimi che si trovano nei panettoni “degli altri”».
Le simmetrie non finiscono qua: se Melegatti riprenderà la produzione «continuativa» ossia di prodotti non stagionali, la stessa dove l’azienda si era arenata giungendo alla bancarotta, ecco che la Michele Turco – 1909 ha la stessa intenzione. «Lavoreremo anche su qualcosa valido per tutto l’anno», dicono. E spunta anche il Nadalin: l’antenato del pandoro ancora richiestis- simo nelle pasticcerie cittadine. «Lo vogliamo fare bene, secondo l’antica ricetta, con una pasta compatta e la glassa. Da molte parti lo preparano come fosse una brioche». Parole da «custodi della tradizione», insomma, che arrivano da chi sa di avere alle spalle una tradizione centenaria. Il 1909 che campeggia sulla scatola, elegante e quadrata, arriva da una vecchia fotografia: quella in cui Virgilio Turco, il primo ad entrare nella famiglia Melegatti al seguito del matrimonio con la nipote di Domenico posa davanti alla pasticceria che, in via Mazzini, portava il suo cognome. Nostalgia? Un po’ sì, è inevitabile: «La Melegatti era la nostra azienda – chiosa Michele – quelli che ci lavoravano e lavorano tuttora erano la nostra famiglia. Abbiamo fatto il possibile per ricomprarla. Ma è andata diversamente».
Il futuro Lavoreremo anche su qualcosa valido tutto l’anno e vogliamo rifare anche il Nadalin