Corriere di Verona

Di Carlo ha un punto fermo E si chiama «rombo» Così si punta sul modulo delle sette salvezze

- di Matteo Sorio

È la relazione tattica più duratura fra quelle intrecciat­e dal Chievo negli ultimi dieci anni, cioè dal ritorno in serie A in poi. È valsa sette delle ultime dieci salvezze.

Ed è il punto fermo da cui è ripartito Mimmo Di Carlo, di fronte al Napoli di Ancelotti, tre giorni fa, portando a casa un gettone che ne vale tanti di più. Si scrive: 4-3-1-2. Si legge: caro vecchio rombo. Quattro dietro, tre mediani, un rifinitore, due punte. L’impresa più difficile — la classifica dopo lo 0 a 0 del San Paolo è comunque peggiorata, il quartultim­o posto dista l’eternità di 11 punti — il Chievo la cercherà a partire da quel modulo lì.

Che, in un certo senso, torna «titolare» dopo tre mesi di messa in discussion­e e col 35-2 a fare da prima variante. L’aveva già ricordato lo stesso Di Carlo, del resto, durante la sua presentazi­one: «Il 4-3-1-2 è il sistema che il Chievo conosce meglio».

La chiave, forse, è proprio lì. Affidarsi, nel momento in cui tutte le certezze sembrano venire meno, a una scacchiera che molti dei gialloblù, specie quei senatori chiamati oggi a tirare il gruppo, sanno maneggiare quasi in automatico: da Radovanovi­c a Birsa, da Pellissier a Hetemaj, da Meggiorini a Cacciatore, da Sorrentino a Rigoni jr.

Sette salvezze su dieci con quella precisa etichetta di gioco, dunque, fra 2008 e l’altro ieri. In principio fu Beppe Iachini, che all’inizio del torneo 2008/09 provò a svoltare così il trend negativo di risultati. Sbagliò l’uomo, però, insistendo su Marcolini trequartis­ta. Nel succedergl­i in panchina a stagione in corso, Di Carlo mantenne l’intelaiatu­ra virando però sul cagnaccio Pinzi come rifinitore. Salvezza in rimonta (Chievo ultimo a Natale) e salvezza bissata anche l’anno dopo mantenendo l’identica impostazio­ne.

Quel 4-3-1-2 occupò la lavagna anche con Stefano Pioli, nel torneo 2010/11, sebbene non si disdegnass­e il 3-5-2 nelle partite in cui le energie erano scarse (tipo la terza in sette giorni) o c’era necessità di coprire meglio il campo in ampiezza. Idem col primo ritorno di Di Carlo, serie A 2011/12. Fra 2012 e 2014, invece, ecco Eugenio Corini, con Beppe Sannino a fare da parentesi. Col primo, tanto 35-2, a volte pure il tridente. Col secondo, il 4-4-2. Ch’è poi la prima carta apparsa sul tavolo durante la gestione di Rolando Maran: una salvezza con le due prime linee a quattro. Quindi il ripristino del 43-1-2 per esaltare Birsa da trequartis­ta, forgiando un meccanismo oliato che ha garantito al Chievo altre tre permanenze fra le grandi.

Si arriva, infine, alla stagione odierna, complicata come un rebus. Dal tridente di D’Anna alla difesa a tre di Gian Piero Ventura, il 4-3-1-2 è rimasto prevalente­mente nel cassetto, casomai servisse. Ora Di Carlo lo tira fuori per stirarlo e farne l’abito principale. Col Napoli è andata bene e il Chievo è parso ritrovare di colpo i propri riferiment­i, le posizioni, il coraggio.

Non che il modulo sia stato tutto, al San Paolo, anzi: però ha aiutato. Ed è da quella prima certezza tattica ritrovata che il Chievo inizia adesso a scivolare verso la Lazio, ospite domenica al Bentegodi, in quella che sarà la prima di Di Carlo davanti alla gente della Diga.

Dopo tre mesi di messa in discussion­e con il 35-2 ora si torna all’antico

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