Ivano Rasulo: «La pizza “Calvetti”? Ormai è un cult»
Il padre Salvatore nel ’49 portò in città l’arte napoletana «Una volta in menu avevamo una ventina di pizze, adesso sono più di settanta». La «Calvetti» è da anni un piatto cult, che ha preso il nome da un amico
La legna che arde nel forno, il profumo delle pizze in uscita che ti cattura. Raccontiamo una storia che parte da Napoli e che a Verona si afferma e si consolida.
Corre il 1949 quando Salvatore Rasulo sale a Verona, dove non impiegherà molto a ergersi a primo ambasciatore della pizza napoletana in città: «Mio nonno Antonio aveva due pizzerie a Napoli. Nell’immediato dopoguerra i pizzaioli erano particolarmente ricercati al Nord, dove non esisteva una tradizione. Fu così che nel 1949 mio padre si trasferì con mia mamma prima a Venezia e di lì a poco a Verona, dove realizzò la prima storica pizzeria della città, La Grottina nel cuore di Veronetta», ricorda oggi Ivano Rasulo che dal papà ha appreso i segreti dell’arte pizzaiola e li sforna alla pizzeria «Da Salvatore» sotto i portici di piazza San Tomaso. Salvatore è bravo, le sue pizze conquistano i palati e i suoi modi gentili scaldano i cuori dei veronesi: dopo La Grottina, lavora a La Costa in piazza Dante, al Cavour sul Liston della Bra, a La Sayonara e La Tavernetta, fino a che nel 1961 rileva una vecchia trattoria in Corso Portoni Borsari: «Era un locale popolare dove si mangiavano le trippe in scodella. Lì mio padre aprì la sua pizzeria e fu così che la nostra storia ebbe inizio» spiega Ivano. Nemmeno una decina d’anni, e la presenza dei Rasulo a Verona si allarga: i fratelli seguono le orme di Salvatore: Giuseppe e Vincenzo aprono il Dollaro in Corso Porta Nuova, Raffaele il Pam Pam sotto il porticato di Porta Borsari.
Nato nel 1953, Ivano studia e si diploma da geometra, ma Salvatore ha bisogno di lui al proprio fianco e allora sul finire degli anni Settanta il ragazzo entra in pizzeria: «Nel 1983 rinnovammo completamente il locale, divenuto negli anni un punto di riferimento in città. Tra le tante, ricordo la figura del dottor Tessari, allora direttore della Clinica Città di Verona, nostro cliente abituale. Anche I Gatti di Vicolo Miracoli e Diego Abatantuono venivano qui: lo stesso facevano i giocatori del Verona dello scudetto. Qualcuno lo vediamo ancora: Antonio Di Gennaro è stato da noi poco prima di Natale. Una sera preparammo una pizza anche per Ray Charles: era in concerto al Corallo, proprio dietro al nostro locale. Gli portammo una funghi, prosciutto e carciofi in camerino attraverso il cortile comunicante sul retro».
Cavaliere della repubblica, Salvatore Rasulo scompare nel 1996 quando il testimone è già passato nelle mani di Ivano che nel 2000 lascia la storica sede di Corso Portoni Borsari e la trasferisce laddove tutto è cominciato, a Veronetta secondo il classico copione dei ritorni alle origini. Ieri è oggi: con l’aiuto tra i tavoli della sorella Angela e il fratello Maurizio porta vanti la tradizione di famiglia: «Ho mantenuto il nome storico. Qui vengono i figli dei clienti di mio padre anche se i più giovani pensano che Salvatore sia io. La matrice classica è rimasta la stessa, la pizza è un piatto popolare e tale secondo me deve rimanere. Anche la ricetta dell’impasto è quella di allora, le canoniche ventiquattr’ore di lievitazione, così come i forni a legna progettati sempre dagli stessi artigiani. Una volta in menu avevamo una ventina di pizze, oggi sono più di settanta» sottolinea.
Il pezzo forte è la Calvetti, da anni un piatto cult: «Claudio Calvetti (vecchio cuore gialloblù, in tempi recenti responsabile del settore giovanile del Verona, ndr) è un mio amico. Chiedeva la pizza con prosciutto cotto, ricotta e grana in uscita. Il passaparola fu tale, che la mettemmo in lista come Calvetti. La stessa cosa avvenne per la Piccoletto: un cliente fisso, un omone di quasi due metri, amava la pizza con doppia passata di pomodoro, acciughe, olive e basilico: «È quella del piccoletto», scherzava mio padre mentre gliela preparava, e quindi finì in lista pure lei».
Da Salvatore «squadra che vince non si cambia»: ecco quindi che al banco di lavorazione Ivano è affiancato da Davide e Ivan, suoi inseparabili compagni di viaggio da decenni.
E la nuova generazione dei Rasulo? «Ho due figli: Ilaria lavora per Medici Senza Frontiere e sta ora partendo per l’Etiopia; Filippo studia ingegneria civile e ogni tanto viene a darci una mano. Il lavoro del pizzaiolo è duro: io sono qui già alle dieci del mattino e ci resto fino al pomeriggio, torno poi alle sette di sera e smonto verso le due di notte. A tutto ciò aggiunga pure il tempo per la spesa e gli oneri burocratici. Vacanze? Poche. Abbiamo clienti nuovi e abituali. E io sono qui per non deluderli mai».