Quella strana gara che portò alla onlus l’appalto da 16 milioni
Una gara anomala, quella per la gestione del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) e del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara), entrambi a Gradisca d’Isonzo. Un appalto da 16,8 milioni di euro che finì per essere aggiudicato al Consorzio guidato dalla onlus Connecting People in collegamento con due coop - la Luoghi Comuni e la Itc - che in realtà sarebbero solo delle prestanome.
La turbativa d’asta è uno dei principali capi d’accusa che compaiono nell’inchiesta della procura di Gorizia. Per questa vicenda, sono indagati i vertici del Consorzio ma anche l’ex prefetto di Gorizia, Maria Augusta Marrosu, e i componenti della commissione aggiudicatrice della gara: la presidente - nonché viceprefetto Gloria Sandra Allegretto, e i componenti Romano Fusco (anche lui un ex prefetto), Claudio Battistella e Francesca Filla.
Nell’avviso di chiusura dell’indagine, coordinata dal pm Valentina Bossi, si spiega che in un primo momento (nel febbraio del 2011) la commissione escluse la Connecting dalla partecipazione al bando per non aver presentato tutti i documenti necessari e il 4 febbraio vennero aperte le buste dell’offerta tecnica di due delle quattro società rimaste. A quel punto, in teoria, i giochi erano fatti. Invece, il 22 febbraio la commissione decise di riammettere «con riserva» ma «senza motivazione», la Connecting. Il 9 marzo vennero aperte tutte le buste contenenti le offerte economiche «stilando una graduatoria che presentava ben quattro offerte anomale su sei». Il 4 aprile, la commissione riammise definitivamente alla gara la Connecting «nonostante il plico che conteneva le tre buste, debitamente sigillate, fosse privo delle sottoscrizioni sui lembi (fondamentali, pena l’esclusione dalla gara, ndr) e nonostante il Consorzio non avesse presentato le referenze bancarie» relative alle due coop che l’avrebbero dovuta affiancare nella gestione. Inizialmente l’appalto fu affidato a un’altra ditta, ma la terza classificata chiese l’accesso agli atti. Fu così che, a luglio 2011, si scoprì che non c’era traccia della domanda di partecipazione al bando da parte della Connecting. «Smarrita», liquidò la vicenda la presidente Allegretto. La bega legale proseguì fino al marzo 2013, quando il Tar accolse il ricorso della onlus, che quindi stipulò finalmente il contratto con la prefettura per la gestione delle strutture. Solo a quel punto, la società avrebbe fatto i nomi delle coop con le quali intendeva collaborare: Itc e Luoghi Comuni. E anche questo, secondo il pm. avrebbe dovuto spingere la commissione a escluderla dalla gara. Infine, i vertici del Consorzio, sono anche accusati di aver «proposto un’offerta economica fraudolentemente più vantaggiosa (...) in quanto mutava fittiziamente la reale consistenza economica e contrattuale di una delle partecipanti». Come? Presentando la Connecting come una onlus (quindi «un ente privo della necessità di fare utili»), quando in realtà veniva gestita «come una società commerciale».
Traendo le somme, la procura è convinta che «la gara sia stata aggiudicata anche a soggetti che mai vi hanno partecipato, e a un soggetto privo delle caratteristiche economiche dichiarate in sede di offerta».