Amianto sulle navi, assolti otto ammiragli
«Assolti perché il fatto non sussiste». Mentre il giudice Chiara Bitozzi leggeva la sentenza ieri a Palazzo di giustizia a Padova, negli occhi dei tanti militari giunti in aula sono scorse lacrime di amarezza e rabbia. E alla fine del lungo elenco di non colpevoli, il risentimento ha preso voce e corpo: «Vergogna, quei 1100 morti oggi li avete ammazzati un’altra volta» hanno urlato. Si è chiuso così il processo «Marina 2» che ha visto imputati tredici persone tra ammiragli e vertici della Marina militare che dagli anni ’80 ad oggi si sono succeduti al comando della flotta italiana, imputati per omicidio colposo e lesioni nei confronti dei loro sottoposti, costretti a lavorare nelle «navi di amianto» ad ammalarsi e a morire per le particelle letali inalate nel corso degli anni. Centinaia i morti e i malati che oggi stanno combattendo contro dolorose chemioterapie e interventi. Non nasconde l’amarezza il legale delle associazioni delle vittime, Giovanni Chiello: «Otto anni per arrivare a questo punto, la sintesi di questo dibattimento è riassunto nelle parole delle famiglie delle vittime – spiega – qui ci sono vedove, orfani, stanno dicendo a loro che la morte dei loro congiunti è senza colpevoli». Il processo era incardinato a Padova dal 2009, quando l’allora gip Paola Cameran, nel corso del primo processo «Marina 1» per due vittime padovane di mesotelioma, emise un’ordinanza che raccolse tutte le indagini sulla marina militare e le morti di amianto, facendo diventare Padova la procura capofila.