Corriere di Verona

Autopsia per chiarire il giallo della morte di Sissy L’agente colpita da uno sparo all’ospedale di Venezia. Il padre: chiediamo solo la verità

- A. Zo. – E. Bir.

I tre medici nominati dal pm di Venezia Elisabetta Spigarelli voleranno a Reggio Calabria per l’autopsia, dove troveranno anche il consulente della famiglia. Sabato, dall’esame sul cadavere di Maria Teresa Trovato Mazza, per tutti «Sissy», forse si potranno ottenere elementi importanti per venire a capo di un «giallo» che dura ormai da due anni. Sissy, che ne avrebbe compiuti 30 il prossimo giugno, è l’agente penitenzia­ria che l’1 novembre 2016 fu trovata in un lago di sangue in uno degli ascensori dell’Ospedale civile di Venezia, dov’era andata per controllar­e una detenuta che aveva partorito. Da quel giorno non si è più svegliata dal coma e sabato scorso è morta all’ospedale di Polistena, in Calabria, dove era stata nuovamente ricoverata per un’infezione che si è rivelata letale.

Il caso di Sissy da due anni divide l’opinione pubblica, anche quella nazionale, grazie ai servizi di Chi l’ha visto? e alle manifestaz­ioni organizzat­e dai genitori e dagli amici: in una delle ultime, tra l’altro, era passato perfino il ministero della Giustizia Alfonso Bonafede che aveva portato la sua solidariet­à e che l’altra sera ha chiamato Salvatore Trovato Mazza, il papà dell’agente, per dirgli che lo Stato «non spegnerà i riflettori sul caso». La procura di Venezia aveva ipotizzato fin da subito che a sparare fosse stata la stessa Sissy e aveva aperto un fascicolo per istigazion­e al suicidio; ma al termine di un’indagine di un anno, aveva chiesto l’archiviazi­one. La famiglia, che si è affidata all’avvocato Fabio Anselmo (lo stesso del caso Cucchi), ritiene invece che possa essere plausibile la presenza di qualcun’altro in quell’ascensore che le abbia sparato. Il gip Barbara Lancieri, a fine ottobre, pur rilevando che Sissy aveva dei problemi personali, aveva imposto alla procura di riaprire le indagini per verificare meglio i tabulati telefonici ed eseguire l’analisi del Dna sulla pistola, che secondo la difesa, non presentava segni di sangue, strano per uno sparo alla tempia auto-inferto. Nell’opposizion­e all’archiviazi­one l’avvocato Anselmo aveva elencato 11 dubbi e 21 domande.

La famiglia, che vive a Taurianova (Reggio Calabria), aveva già fissato i funerali, che sono stati sospesi. «L’autopsia? Una cosa assurda, ma se hanno deciso così e ci possono essere nuovi elementi per dimostrare che mia figlia non si è uccisa, allora che si faccia - dice commosso papà Salvatore Fare questo esame significa straziare ancora di più la mia famiglia». Secondo il padre le indagini sono state carenti. «Dovevano fare prima tutti gli accertamen­ti che non sono stati fatti e non dovevamo essere noi a combattere per chiederli - conclude - Dopo un anno e mezzo ci hanno detto che non c’erano tracce di polvere da sparo sulle mani di Sissy. Noi vogliamo solo la verità. Hanno infangato il nome di mia figlia». Il suo grazie va proprio a Bonafede: «Mi sta dando tanta forza».

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Non ce l’ha fatta L’agente Maria Teresa Trovato Mazza, per tutti Sissy

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