Dioniso elettrico
Il compositore veneziano Rusconi presenterà a Trento la sua nuova opera: «Elettronica e acustica, un’immersione totale nel suono»
HOpera lirica insieme a musica acustica ed elettronica. È il progetto futurista di Roberto David Rusconi, compositore veneziano, che porterà in scena
Dionysos Rising. L’opera è coprodotta dalla Fondazione Haydn di Bolzano e Trento e dalla Netzzeit di Vienna, prima assoluta il 19 al teatro Sanbàpolis di Trento. «L’azione lirica», come la definisce l’autore, che oltre alla musica ha scritto il libretto, riprende il mito di Dioniso ispirandosi al poema ellenistico di Nonno di Panopoli. L’attesa riguarda anche l’aspetto musicale dell’opera: quattro cantanti e quattro danzatori in scena, un mix di musica acustica ed elettronica. Veneziano di nascita, residente a Londra, Rusconi è uno dei talenti emergenti della ricerca musicale internazionale. Ha completato gli studi in composizione, pianoforte, direzione d’orchestra, specializzandosi in musica elettroacustica. Da qualche anno è produttore indipendente e project manager, con predilezione verso la scena underground.
Roberto David Rusconi, come è finito a Londra?
«Ho lasciato Venezia, poi sono finito a lavorare in Thailandia e quindi a Londra. Ma non parliamo di cervelli in fuga, anche Goldoni lasciò la Laguna per trasferirsi a Parigi. Muoversi fa parte del percorso artistico».
Chi è il suo Dioniso e quali episodi dall’immenso poema di Nonno di Panopoli ha scelto di rappresentare in quest’opera?
«Dioniso è conosciuto come il dio dell’ebbrezza, dell’estasi, più precisamente è il dio dell’alterità, di uno stato mentale diverso, che ci permette di accedere attraverso la perdita di controllo a una conoscenza che va oltre al razionale, a quello che da Nietzsche viene definito apollineo. Il racconto di Nonno di Panopoli è uno sterminato poema epico, un capolavoro poetico da cui ho tratto solo alcuni episodi, per spiegare come e perché Dioniso è diventato il dio del vino. In scena oltre a Dioniso (basso), compaiono la madre Semele (soprano), il compagno Ampelo (controtenore) e la figlia Telete (soprano), la cui figura è fin dall’inizio l’iniziatrice ai misteri dionisiaci».
Come riesce a trasporre il mito dell’antichità ai tempi di oggi?
«In quest’opera, che è specchio della società di oggi, la mitologia si fonde e confonde con il reale, il mito compare come l’elemento della follia. Tutta la vicenda è ambientata all’interno di una moderna clinica psichiatrica e i protagonisti sono personaggi di oggi, una madre che ha perso il proprio figlio, una figlia non voluta e abbandonata, un giovane con manie di grandezza e un figlio che è anche padre e amante e soffre di dissociazione mentale. Ognuno di loro combatte contro i propri fantasmi».
Che cosa deve aspettarsi il pubblico?
«Nei miei lavori utilizzo spesso sofisticate strumentazioni di riproduzione che creano un ambiente sonoro, un’immersione sonora totale, simile del resto a quella che viviamo ogni giorno nelle città, come nelle foreste, all’aperto o mentre raggiungiamo il posto di lavoro».
Tornerà a Venezia?
«Alla Biennale che si aprirà tra qualche mese porterò un mio nuovo lavoro».