Violentata una baby sitter, marito e moglie in carcere
Arrestati marito e moglie, accusati anche di sequestro di persona. Gli abusi in un capanno
Una coppia veronese (nella foto) è stata arrestata con l’accusa di aver attirato una ragazza con un finto annuncio di lavoro come babysitter. La giovane sarebbe stata poi violentata dall’uomo.
L’orario, piuttosto strano, per quel tipo di impiego, non l’aveva insospettita. «Faccio la babysitter di tanto in tanto, per arrotondare – ha raccontato agli agenti della Squadra mobile – ci sono molte coppie che hanno emergenze». Parole lucide, come il resto del suo resoconto. Una razionalità di cui è stata capace nonostante apparisse duramente provata dallo choc subito la sera prima. Dietro quell’inserzione, apparsa online, c’era una trappola. Un piano predefinito, studiato a tavolino, dai contorni diabolici. Preciso al tal punto che, ora, chi conduce le indagini teme non si tratti di un caso isolato. Che prima di quella ragazza di vent’anni, studentessa universitaria nata e residente a Verona, qualcun altro possa essere caduto nella rete. Per questo la questura, solitamente prudente, ha deciso di rendere noti, appena dopo l’arresto, nome e volto dei due coniugi su cui gravano accuse pesantissime: sequestro di persona (per entrambi), violenza sessuale aggravata (solo per lui).È accaduto nella notte tra giovedì e venerdì scorso. Alla ragazza era stato dato un appuntamento: alle 23, a Porta Vescovo. Con tanto di passaggio offerto: ad andarla a prendere è stata lei, Giulia Buccaro, 27 anni. Una scelta, forse, per rassicurare la vittima. Poi, durante il breve tragitto che dalla periferia orientale della città arriva a Poiano, piccola frazione sulla strada per la Lessinia, è salito anche lui, Mirko Altimari, 30 anni. Il seguito sembra un copione degno di un film pulp. L’auto giunge a destinazione, ma non si tratta di un posto dove può abitare una famiglia con un bambino. È un casolare isolatissimo. A questo punto, la donna si defila, la studentessa rimane sola con Altimari. A quel punto l’uomo l’avrebbe minacciata con un taglierino, obbligandola a un rapporto orale. Il tutto, immortalato con un telefonino. Immagini che, secondo quanto architettato da Altimari, avrebbero dovuto costituire una sorta di assicurazione. «Se parli con qualcuno di quanto successo, le diffondo su internet», avrebbe detto alla vittima.Lei non si è fatta spaventare: riaccompagnata nello stesso punto dove si erano dati appuntamento, ha chiamato il 113. Tra le lacrime ha spiegato quanto accaduto. E ha descritto l’auto, fornendo il numero di targa, a eccezione di una cifra. Abbastanza da permettere alla polizia di risalire alla coppia. In soli tre giorni è stata emessa un’ordinanza dal giudice Paola Vacca (le indagini sono affidate al pm Beatrice Zanotti). Lunedì pomeriggio i due sono stati arrestati nel bar dove lavorano e portati a Montorio.
«Ma noi non siamo due mostri,i fatti non si sono svolti così...». Altimari e Buccaro, dalle loro celle, appaiono «sconvolti dalla situazione e da queste terribili accuse». Scuotono la testa, marito e moglie, e respingono gli agghiaccianti sospetti che li hanno portati dietro le sbarre. L’unica persona che, fino a questo momento, ha avuto modo di parlare con la coppia veronese è l’avvocato che li assisterà entrambi dopodomani, quando è stato fissato il doppio interrogatorio. «Sono sconvolti, soprattutto la ragazza è davvero disperata - li descrive «a caldo» la loro legale di fiducia, Fabiana Treglia, subito dopo aver fatto loro visita all’interno del penitenziario scaligero -. Entrambi negano che le cose siano effettivamente andate in quel modo. Per adesso non mi sbilancio su quella che risulterà la nostra versione difensiva nel corso dell’imminente interrogatorio, anticipo comunque che i miei assistiti negano di essersi resi responsabili della gravissima ricostruzione dei fatti che viene loro contestata dall’accusa». Sia per Altimari che per Buccaro, il pm Zanotti chiede oltre alla convalida del duplice provvedimento di fermo anche la misura della custodia cautelare in carcere. In particolare, a parere della procura veronese sussisterebbero oltre alla gravità dei fatti contestati anche il rischio di reiterazione del reato e la pericolosità dei soggetti coinvolti. Deciderà il gip.