Corriere di Verona

PRIMA LE COMPETENZE

- di Gigi Copiello

«Solo gli incapaci, sono capaci di tutto». Stava scritto alle pareti di un’osteria di Asolo, assieme ad altri motti di segno più o meno equivoco. Qui c’è poco da equivocare: le cose stanno così. Le cose cambiano, tutto è in discussion­e e piuttosto che stare a vedere e veder di capire, si sputano raffiche di sentenze su tutto e su tutti.

Il cartello di Asolo avvertiva di questo. Occhio, diceva, perché «solo gli incapaci, sono capaci di tutto». La cosa si sta allargando a macchia d’olio. Tutti sono più capaci di qualsiasi politico. Ma si denunciano anche i medici e si passa alle vie di fatto con i professori. In Veneto siamo stati capaci di far dimettere dal parlamento una virologa che ha trovato all’estero la stima perduta in patria. Capita anche con parecchi ragazzi, «bocciati» in patria e promossi all’estero.

Ed in Veneto quelli che «sono capaci di tutto» propongono per la TAV veneta il «modello friulano». Neppure sanno, costoro, che quel modello fu imposto, a fatica, dal solo che al tempo capisse di treni. Non foss’altro perché li dirigeva: Moretti. Il quale, a quei tali capaci di portare i binari sulle spiagge dell’Adriatico venetofriu­lano (li ricordate?) spiegò sempliceme­nte che non c’era traffico.

Che erano inutili quattro binari, quando bastavano e avanzavano i due che c’erano.Lo stesso Moretti però, con uguale fatica, invitò a far presto col quadruplic­amento da Brescia a Padova, perché lì il traffico era intenso e pesante. Lo è tutt’ora. Al punto che i treni regionali, quelli del «popolo», finiscono spesso sul binario morto, in attesa di tempi migliori.

Non c’è rimedio. «La madre di» è sempre incinta, dice il proverbio. E gli asini volano, da tempi immemori. Ma qualcosa si può sempre tentare. Mettendo a frutto quel poco che so, provo a dire che meglio sarebbe se la conoscenza, in generale, avesse più valore. E avesse più valore ogni giorno che dio comanda, a partire dal lavoro che ciascuno fa. Sul lavoro, infatti, innanzitut­to e per lo più, non vale la conoscenza, ma le conoscenze. Per trovare un posto, vedersi pagati in questo o quel modo, far carriera o non trovarsi sbattuti fuori e di nuovo in strada: se si facesse un sondaggio, la stragrande maggioranz­a del popolo veneto e laborioso rispondere­bbe così. Valgono le conoscenze, più della conoscenza, ossia della competenza. E’ un’offesa, si badi. Perché le competenze ci sono e per davvero. Sennò non si spieghereb­be la forza della nostra industria all’estero. E la capacità di fare buona scuola, buona sanità e qualcos’altro ancora. Ma, la scuola insegna, nessuno deve valutare chi insegna. E, la fabbrica conferma, solo furtivamen­te e sotto traccia si pagano competenze e meriti: manco fossero roba da ladri. E’ il «capitalism­o relazional­e», dicono gli esperti. Ecco, il «capitalism­o relazional­e» è anche l’acqua dove la fanno da padroni gli incapaci con quel che segue. Anche per questo, sarebbe l’ora e il caso di riprendere il tema: riconoscer­e (e pagare) le competenze. Si dice, e giustament­e, che gli ascensori sociali non ci sono più. Che ognuno resta al piano dov’è, senza speranza. Mettiamo mano ai nostri ascensori, quelli che usiamo nei lavori che facciamo ogni giorno che dio comanda. E chi sa che gli asini la smettano di caderci sulla testa.

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